“Si fermarono
di nuovo e ancora una volta studiarono la ragazza. Avevano cominciato a
sentirsi meglio, quasi soddisfatti di se stessi. Sapevano di non essere ancora
fuori pericolo, ma iniziavano a pensare che quella di fronte era almeno la
traccia di un sentiero che conduceva a una sorta di promettente radura.
Guardarono la ragazza e attesero. Lei scosse il capo e sorrise. Si soffermarono
di nuovo sulla bellezza dei suoi denti, sul suo volto liscio. Lei disse, Non
credo di aver capito, non ancora. Avete accennato al bestiame. Mi dite qualcosa
di più?
Oh, be’, disse Harold. Okay. Parliamo del bestiame.
E così i fratelli McPheron proseguirono discutendo di bestiame da macello, di manzi di prima scelta, di giovenche e di vitelli da ingrasso, spiegarono anche questo, e i tre discussero a fondo fino a tarda sera. Parlando. Conversando. Spaziando un po’ anche in altri campi. Due uomini anziani e una ragazza di diciassette anni seduti al tavolo sparecchiato di una sala da pranzo di campagna, dopo cena, mentre fuori, oltre le pareti di casa e le finestre senza tende, un gelido vento del nord scatenava l’ennesima tempesta invernale sugli altopiani”.
Canto della pianura, Kent Haruf
Edito @nneditore
Costo 18€
Sebbene il primo protagonista incontrato in questa cittadina sia stato Tom Guthrie, non posso non iniziare a parlare del personaggio che più mi è stato a cuore e con il quale ho più empatizzato in questo viaggio: Victoria Roubideaux. Ho conosciuto Victoria quando ha avuto le prime avvisaglie della tempesta che l’avrebbe turbata nei mesi successivi e sin dall’inizio sono stata colpita e ammaliata dal suo spirito e dal modo in cui è stata descritta e infusa di vita da Kent Haruf: Victoria, nonostante l’età, ha la stessa forza e le stesse caratteristiche della Maclura pomifera, volgarmente nota come arancio degli osagi. È una pianta da fiore e frutto, appartenente alla famiglia delle Moraceae, originaria – proprio come lei – del Nord America, in particolare degli Stati Uniti centrali; può raggiungere i 7-15 metri di altezza e presenta un tronco irregolare, disseminato di spine e resistente al taglio e alle intemperie (sopporta anche i venti molto forti o salmastri delle coste e temperature molto basse, fino ai -20°C), ciononostante è capace di dar vita a dei fiori eleganti e delicati e a dei frutti dal dolce profumo agrumato. Ed è proprio con queste qualità che Victoria viene allontanata dalla propria casa, trova rifugio per un breve periodo da Maggie Jones e fa poi conoscenza dei fratelli McPheron. Harold e Raymond sono altri due personaggi che mi sono entrati, e probabilmente vi entreranno, nel cuore; sono semplici, modesti e soli, eppure sempre pronti ad aiutare, osservare, leggere e capire i bisogni dell’altro in qualsiasi circostanza, nonostante la timidezza e le difficoltà. In loro ho ritrovato e ricordato due persone a me care, inondate dalla stessa bontà d’animo che mi ha protetto negli ultimi giorni di naufragio: il periodo più critico, quando ormai sembrano non esserci più speranze o più terraferma. È possibile che ognuno di noi abbia qualcuno da associare ad Harold e Raymond, o almeno me lo auguro, così da non poter più distinguere le parole lette da quelle che compongono le pagine della nostra vita (tranquilli… no, Nicholas Sparks non c’entra niente). Leggere della disponibilità e della correttezza di queste due persone mi ha commosso all’inverosimile, facendomi dubitare per un momento della malvagità umana.
Perciò, una volta concluso questo volume, ho ragionato su quanto sia inusuale e difficile parlare e scrivere di cose buone e belle e proprio per questo motivo sono rimasta frastornata e meravigliata. Ovviamente, non traspare esclusivamente la bontà, tant’è che nel recente post ho paragonato questa prima tappa ad uno spiazzo riparato sia dai raggi accecanti del sole che dalle bufere invernali, ma ciononostante il mondo esterno continua ad addentrarsi tra le fitte foglie degli alberi che lo circondano. Eppure, questa peculiarità - che lo distingue dagli altri volumi della trilogia - di focalizzare l’attenzione del lettore sulle cose buone, belle, dolci, delicate e serene, dando poco spazio al dolore e alla cattiveria, rimane. Infatti, quando la bruttezza si intrufola di soppiatto, viene comunque data la possibilità di rimediare, come nel caso di Victoria dopo Dwayne, o di potersi difendere, come nel caso di Ike e Bobby grazie al loro padre, Tom Guthrie. Ecco il vero punto di congiunzione tra i vari personaggi: non gli eventi che li fanno conoscere, ma la stessa propensione d’animo che li spinge ad essere giusti, responsabili e protettivi con i loro cari. Devo essere sincera, le vicende che hanno coinvolto Tom Guthrie mi sono interessate meno rispetto a quelle dei personaggi precedentemente citati o di Ike e Bobby, anche se riconosco l’impegno e la forza impiegati nel dover crescere da soli i propri figli. Nelle esperienze dei due bambini emergono tanti temi interessanti: il disinteresse genitoriale, che spesso si tramuta in vero e proprio egoismo come quando Ike e Bobby le chiedono di dormire tra loro e lei si rifiuta (sebbene mi renda conto quanto sia difficile essere madri e quanto in questo caso lei stesse male), la paura che qualcuno possa far del male a delle persone innocenti e a cui siamo affezionati ed il rispetto verso il sesso femminile e l’importanza del ruolo dell’educazione in questo.
Naturalmente, ad affiancare i temi trattati, ci sono sempre le descrizioni di una terra dura ma capace di essere accogliente. Concludo rimarcando un concetto già espresso: in Canto della pianura viene posta in primo piano la vita con le sue sembianze più belle e dolci, le bassezze ci sono ma rimangono in sottofondo ed è questo che mi ha conquistata; non voglio dilungarmi ulteriormente per non rovinare la suspence. Vi auguro un buona lettura.
Fonti per Maclura pomifera
www.vivaiprandini.com/arancio-degli-osagi-maclura-pomifera/
https://www.giardinaggio.it/giardino/piante/maclura.asp
https://it.wikipedia.org/wiki/Maclura_pomifera