“Resta con me! Scende il crepuscolo;
L’oscurità si addensa; Signore, resta con me.
Quando l’aiuto altrui vien meno, e il conforto svanisce,
Soccorritore dei deboli, o resta con me”.
Henry F. Lyte
Nota introduttiva a La trilogia della pianura
I volumi che costituiscono La trilogia della pianura sono Canto della pianura (composto nell’anno 1999), Crepuscolo (composto nell’anno 2004) e Benedizione (composto nell’anno 2013). Tuttavia, in Italia, la trilogia non è stata pubblicata nell’ordine precedentemente descritto, bensì nel seguente: Benedizione, Canto della pianura e Crepuscolo. Come già sapete, se avete seguito le mie storie, ho deciso di seguire l’ultima sequenza descritta e quindi di partire da Benedizione; Benedizione narra delle vicende slegate dai restanti volumi. Tuttavia, una volta ultimata la lettura, mi sono resa conto di aver commesso un errore. Infatti, da un tomo all’altro, i temi trattati subiscono una notevole evoluzione, sia nel contenuto che nel tipo di narrazione; lo stesso traduttore, in una nota alla fine di Canto della pianura, afferma: “La scrittura di Canto della pianura è radicalmente diversa da quella austera e stringata di Benedizione: questa volta il periodare è ampio e spesso molto articolato, le descrizioni e l’aggettivazione quasi barocche”. Perciò, partendo da Benedizione, mi sono privata della possibilità di seguire completamente questa evoluzione che ha inizio in Canto della pianura, ha come tappa intermedia Crepuscolo e come tappa finale -appunto- Benedizione. Quindi ciò che voglio sottolineare è che, al di là delle vicende narrate, i tre volumi sono strettamente connessi tra loro per via dell’obiettivo abbastanza esplicito di Kent Haruf: quello di tracciare un sentiero che all’inizio accoglie il lettore in uno spiazzo riparato sia dai raggi accecanti del sole che dalle bufere invernali, quasi un luogo ameno in cui prevalgono la bontà, la speranza e la possibilità di porre rimedio ai propri errori o di difendere i propri cari; successivamente lo porta ad affrontare una terra brulla, poco riparata e in salita, dove il mondo esterno penetra e confonde lo scalatore; ed infine lo porta ad intraprendere l’ultimo tratto, la salita più ripida e più esposta alle intemperie, la più dolorosa che, una volta ultimata e raggiunta la cima, lo pone davanti alla sconfinata ma sublime solitudine dell’anima. Questo è il motivo per cui nel raccontare questi libri, non seguirò il mio ordine di lettura, ma quello di composizione e stesura di Kent Haruf.
(foto mia) |
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