mercoledì 10 febbraio 2021

Il cielo di pietra

 “Ah, amore mio. Un’apocalisse è una cosa relativa, non è vero? Quando la terra va in pezzi, è un disastro per la vita che dipende da lei… ma è insignificante per Padre Terra. Quando un uomo muore, dovrebbe essere sconvolgente per una bambina che un tempo lo chiamava padre, ma diventa come niente se quella bambina è stata chiamata mostro così tante volte da finire per accettare quell’etichetta. Quando uno schiavo si ribella, non significa molto per le persone che ne leggono in seguito. Solo esili parole su esile carta consumata dall’abrasione della Storia. («Così eravate schiavi, e allora?» sussurrano. Come se non fosse niente.) Ma per le persone che vivono sulla loro pelle una rivolta di schiavi, sia per chi dà per scontato il proprio dominio fino a essere travolto senza preavviso, sia per chi guarda bruciare il mondo piuttosto che sopportare un momento di più vissuto al “proprio posto”…

[…]

Se una com costruisce su una linea di faglia, incolpi le sue mura quando inevitabilmente crollano, schiacciando le persone all’interno? No, incolpi chiunque sia stato così sciocco da pensare di poter sfidare per sempre le leggi della natura. Ecco, alcuni mondi sono costruiti su una linea di faglia di dolore, tenuti in piedi da incubi. Non recriminare quando quei mondi crollano. Infuriati perché sono stati creati con un destino segnato sin dall’inizio.”

Il cielo di pietra, N. K. Jemisin

 

Edito @oscarvault

Costo 15€

 

L’Immoto è ciò che resta all’uomo: è rifugio e supplizio, terra e fiamme (Terra infame), cenere e piogge acide. In particolare, l’Immoto e le sue quinte stagioni sono la punizione che Padre Terra ha assegnato all’umanità per non aver rispettato la vita, per aver calpestato con ipocrisia cadaveri innocenti, per aver perforato il mantello terrestre ed aver maneggiato l’essenza vitale con noncuranza e disprezzo. L’Immoto e le sue quinte stagioni sono ciò che una civiltà assetata di potere e pregna di indifferenza merita. In fin dei conti, Padre Terra è stato buono, è stato clemente; anche se malnutrita, stanca e impaurita, l’umanità continua a calpestare il suolo terrestre e a respirare: “A quanti sono sopravvissuti. Respirate. Così. Un’altra volta. Bene. State bene. E anche se non state bene, siete vivi. Questa è una vittoria”. In queste pagine, ogni scenario sembra così lontano, eppure così vicino. Il percorso, che ha inizio con La quinta stagione (volume 1) e si conclude con Il cielo di pietra (volume 3), ha come obiettivo quello di toccare e risvegliare la sensibilità di chi lo legge perché ci rende consapevoli di quanto ogni cosa che ci circonda possa soffrire ed essere viva. È proprio questo il punto, non possiamo pretendere che il nostro modo di sentire sia unico, inimitabile, giusto e vero; di conseguenza, non possiamo pretendere che ciò che non sente o vive come noi sia inesistente, morto, inadeguato o limitato. Ecco che N. K. Jemisin ci stimola e ci mostra tanti altri modi di essere vivi, di sentire (sensire), di comunicare e di pensare. Questo viaggio attraverso le strade distrutte e pericolose dell’Immoto mi ha stregata e conquistata. Ho trovato tutto perfetto e geniale: dal tipo di narrazione ai dialoghi, all’intreccio e ai personaggi. Ho amato il rimanere sulle spine e farmi consumare dalla curiosità sino alle ultime pagine; questa trilogia è così, esattamente come i personaggi che prendono vita tra le sue pagine: oscura, intricata e, contemporaneamente, magnifica. Mi è piaciuto rimanere sorpresa e confusa sino alla fine, ma ancor di più vedere la crescita di Damaya, Syenite, Essun e Nassun. Ho respirato precarietà, carenza di cibo, dolore, ingiustizia, sacrificio ma anche tanto altro. Ho capito quanto è difficile essere madri, quanto spesso il controllo sia inutile e quanto bisogno d’amore e accettazione c’è in esseri così piccoli. In conclusione, è stato bello e paradossalmente non sento tristezza nell’averlo concluso (non è vero, un po' sì): ho già intenzione di rileggere la trilogia dall’inizio. Mi auguro che questa trilogia dell'ossido vi piaccia, buona lettura.

(foto mia)


lunedì 8 febbraio 2021

L'ottava vita (per Brilka)

 “Devo queste righe a un’infinità di lacrime versate, devo queste righe a me stessa, quella che lasciò la patria per trovarsi e tuttavia si perse sempre di più; ma soprattutto devo queste righe a te, Brilka.

Le devo a te perché tu meriti l’ottava vita. Perché si dice che il numero otto equivalga all’eternità, al fiume che ritorna. Ti dono il mio otto.

Ci lega un secolo. Un secolo rosso. Per sempre e otto. È il tuo turno, Brilka. Io ho adottato il tuo cuore. Il mio l’ho gettato via. Accetta il mio otto.

Sei la bambina magica. Lo sei. Passa attraverso il cielo e il caos, attraverso tutti noi, attraverso queste righe, attraverso il mondo degli spiriti e il mondo reale, attraverso il capovolgimento dell’amore e della fede, accorcia i centimetri che ci hanno sempre separate dalla felicità, passa attraverso il destino che non era tale.

Passa attraverso me e te.

Vivi tutte le guerre. Supera tutti i confini. Io ti dedico tutti gli dei e tutti i rosari, tutti i roghi, tutte le speranze decapitate, tutte le storie. Passaci attraverso. Perché hai i mezzi per farlo, Brilka. L’otto, pensaci. In questo numero tutti noi saremo legati l’uno all’altro e potremo stare in ascolto l’uno dell’altro, per tutti i secoli.

Tu potrai farlo.

Sii tutto quello che noi eravamo e non eravamo. Sii un tenente, una funambola, un marinaio, un’attrice, un regista, una pianista, un’amante, una madre, un’infermiera, una scrittrice, sii rossa e bianco o blu, sii caos e cielo e sii loro e io e non essere tutto questo, e soprattutto danza infiniti pas de deux.

Attraversa questa storia e lasciatela alle spalle.”

L’ottava vita (per Brilka), Nino Haratischwili

 

Edito Marsilio Editori

Costo 24

 

Brilka questo romanzo, quest’inno alla vita, alla libertà e all’amore è dedicato interamente a te; a te che sei l’antidoto, il risultato di un secolo di storia che fa rabbrividire e andare alla ricerca di un riparo per il cuore, per l’anima. In queste pagine ho imparato a conoscerti, più di quanto mi aspettassi, perché so cosa c’è dietro, so quanto dolore ti ha preceduta, so quanto amore incondizionato ti ha creata e so quanta forza ti ha cullata. Non mi sarei mai aspettata un viaggio così ammaliante, profondo e incredibile, eppure eccomi qui, eccoci qui. Dietro le tue spalle, i tuoi capelli ribelli e la tua carnagione diafana ti aspettavi tutto questo? Nell’istante che intercorre tra un pas de deux e una piroetta, cosa pensi? Cosa senti? Chi sei? Senti il profumo di Stasia che durante la guerra, in una città sconosciuta e affamata, trovava conforto esclusivamente nella danza? Senti la forza di Christine che per proteggere la sua famiglia ha dovuto mantenere il silenzio? Senti la nostalgia di casa di Kitty? L'amarezza di Kostja? L'inadeguatezza e la voglia di libertà di Elene? Cosa provi Brilka ora che il tuo passato e la tua storia sono stati messi a nudo e puoi immergerti negli animi che ti hanno preceduta? Io sono emozionata, commossa all’inverosimile e persa tra tutte le vite che in queste 1129 pagine hanno alzato lo sguardo verso un cielo così simile e, allo stesso tempo, così diverso. Sono nata in un periodo di pace, non so cosa voglia dire morire per un pensiero non in linea con il regime politico, per un film che nessuno ha visto ma di cui tutti parlano o per cercare di preservare l’amore della nostra vita da uomini potenti e mostruosi, ma so quanto sia importante conoscere chi ci ha preceduti, rendere loro omaggio e, al tempo stesso, cercare di non commettere i loro stessi errori. Dai nostri errori si impara, ma dalla conoscenza degli sbagli altrui si capisce come accettarsi, come non perdersi in un bicchier d’acqua e come lottare per i propri bisogni. La storia insegna, Brilka, ma le vite che l’hanno vissuta insegnano ancora di più. Così, forti di questa nuova consapevolezza, siamo pronti a perderci tra i sogni del fabbricante di cioccolato, colui che ha iniziato questa storia nel modo più dolce e pericoloso possibile: grazie ad una tazza di cioccolata fusa, calda, irresistibile e inebriante. Una cioccolata che è un po’ il simbolo del secolo che Stasia, Christine, Sopio, Kitty, Andro, Kostja, Nana, Elene, Miqa, Daria, Niza, Miro e, infine, Brilka hanno attraversato: dolce e amara al tempo stesso. È difficile descrivere l’essenza di queste pagine, so solo che catturano, cullano, fanno male e ti accarezzano. È, in alcuni punti, un pugno allo stomaco necessario. Mi auguro lo leggiate, vi auguro una buona lettura.

(foto mia)


venerdì 5 febbraio 2021

La fine del mondo e il paese delle meraviglie

 “ – Anche tu non riesci a capire bene cosa sia, il cuore?

- Ogni tanto mi succede, - dissi. – Ci sono volte in cui riesco a capirlo solo dopo che è passato molto tempo, altre volte è troppo tardi. Nelle maggior parte dei casi siamo costretti a prendere delle decisioni e ad agire quando non siamo ancora sicuri dei nostri sentimenti, il che disorienta noi stessi e gli altri.

- A me sembra una cosa del tutto imperfetta, il cuore, - disse lei sorridendo.

Tirai fuori le mani dalle tasche e le guardai alla luce della luna. Imbiancate dal chiarore lunare sembravano statue proporzionate a un mondo in miniatura, che avessero perso la loro destinazione.

- Lo penso anch’io, - dissi. – È una cosa estremamente imperfetta. Però lascia delle tracce. E noi possiamo ritrovarle, seguirle. Come si seguono le impronte lasciate sulla neve.

- E portano da qualche parte, quelle tracce?

- A noi stessi, - risposi. – Così funziona il cuore. Se non ci fosse il cuore, si vagherebbe senza fine.”

La fine del mondo e il paese delle meraviglie, Murakami Haruki

 

Edito Einauidi

Costo 15

 

Questo libro mi ha lasciata particolarmente spiazzata e con pareri e sentimenti piuttosto contrastanti. Se da un lato ho amato l’intreccio, l’idea di base, alcuni paesaggi proposti e alcune conversazioni, dall’altro non sono riuscita ad entrare completamente nella storia, a partecipare pienamente alle vicende e all’evolversi della situazione. Non so di chi sia la colpa, forse non era il periodo giusto o quello che cercavo in quel momento, forse io e il protagonista siamo troppo distanti per poterci comprendere, perciò non posso dirmi pienamente soddisfatta della lettura; ciononostante, ci sono comunque degli aspetti positivi, ovvero: i continui richiami al cuore, alla necessità che ogni essere umano ha di preservare quel muscolo ingarbugliato che ha nel petto, al ruolo dei limiti mentali che, una volta sbaragliati, ci consentono di vivere in eterno e all’importanza della nostra coscienza. È stato un viaggio nelle profondità della terra e dell’animo umano, che mi ha consentito – aspetto molto positivo - di perdermi nei tunnel sotterranei dell’inconscio, dell’invisibile e di osservare come, effettivamente, sia insito nella nostra esistenza il dualismo conscio-inconscio: dove viviamo la notte?

C’è un altro estratto che mi ha affascinato ed è il seguente: “ – Non bisogna lasciare che la fatica entri nel cuore, - disse. – Me lo ripeteva sempre mia madre. Può darsi che la fatica controlli il tuo corpo, ma fai del tuo cuore una cosa tua.

- Aveva ragione.

- Però, a essere sincera, io non lo so bene cosa sia il cuore. Che significato esatto abbia, in che modo sia meglio usarlo… per me è soltanto una parola.

- Il cuore non è qualcosa da usare, - risposi. – Semplicemente esiste. Come il vento. Basta che lei ne senta i movimenti.”

In conclusione, vale la pena leggerlo solamente per alcuni dialoghi estremamente toccanti, interessanti e acuti. Mi auguro vi piaccia e vi trascini in una fine del mondo per cui valga la pena lottare.




La leggenda dei giocolieri di lacrime

“ «Dov’è il mio cuore?... Oh… dov’è il mio cuore?» si sveglia di soprassalto sul suo giaciglio, ma non sente alcun battito, solo un vuoto at...