“Quando
Guthrie e i ragazzi presero la strada di campagna che li avrebbe riportati a
Holt, sentivano ancora il bestiame a un miglio di distanza.
Non staranno mica male? Chiese Bobby.
No, stanno
bene, rispose Guthrie. Non hanno altra scelta. Succede ogni anno. Pensavo lo
sapessi.
Non ci avevo
mai fatto caso, disse Bobby. Non l’avevo mai fatto prima.
Mucche e
giovenche sono già gravide dei vitellini dell’anno prossimo, disse Guthrie. Se
non ci pensassimo noi, dovrebbero svezzare i vitellini quest’anno. Devono
rimettersi in forze per la prossima infornata.
Quelle
bestie fanno davvero un sacco di rumore, disse Ike. Non sembrano molto
contente.
No, rispose
Guthrie.
Guardò il
figlio, seduto accanto a lui nel furgone che viaggiava sulla strada sterrata in
quel luminoso pomeriggio invernale, l’aperta campagna piatta tutto intorno a
loro, grigia, bruna, molto secca.
Non lo sono
mai, disse. Non riesco a immaginare qualcosa o qualcuno che possa esserne
contento. Ma ogni essere vivente a questo mondo prima o poi va svezzato”.
Crepuscolo,
Kent Haruf
Edito NNEditore
Costo 18€
Come già si
può intuire dal nome o dall’estratto riportato sopra, Crepuscolo tratta temi
molto più complessi e a maggiore impatto emotivo rispetto al volume precedente,
non solo attraverso personaggi già conosciuti come Victoria, Harold, Raymond o
Guthrie, ma anche grazie a nuovi punti di vista, come quelli di DJ, Joy Rae,
Richie e Rose Tyler. Ciò che lega queste vite, almeno nella prima parte
dell’opera, è la solitudine; una solitudine che all’inizio appare al lettore
come quotidiana, quasi banale, con Victoria che inizia una nuova vita, ma che
poi assume dimensioni titaniche confondendo e in parte distruggendo l’atmosfera
creata in Canto della pianura. Qui il sole inizia davvero a tramontare,
facendo così emergere paura, dolore e fragilità. Kent Haruf afferma attraverso
Tom Guthrie “Ogni essere vivente a questo mondo prima o poi va svezzato”
e in queste 312 pagine sembra lo faccia anche con noi lettori. Ecco perché ho
definito Crepuscolo, nel post La trilogia della pianura, come un
sentiero brullo, poco riparato e in salita. È un pugno in piena faccia,
soprattutto quella di Joy Rae e Richie, e attraverso le sillabe che lo compongono,
il lettore cresce, vede quanto la realtà possa essere aspra, dolorosa e quanto
in alcune circostanze si possa essere indifesi.
I punti di
vista che più mi hanno fatto soffrire sono stati quelli di DJ, Joy Rae e
Richie, perché in loro ho trovato riposto sia il peso della vita (possono
quasi rivaleggiare con il titano Atlante), sia l’impossibilità di essere ciò
che si è, in questo caso dei bambini, e anche l’immenso dolore provocato dall’assenza
di un nido, di un posto riparato in cui trovare conforto. Non voglio dilungarmi
oltre, soprattutto per evitare qualsiasi tipo di spoiler, per questo concludo
dicendo che al di là di queste pagine dure, ci sono comunque attimi di pace e
dolcezza, ad esempio quando Raymond viene rassicurato dalla parlantina di Katie
(vedi p. 247), che consentono di godere della nitidezza del panorama e della
bontà umana. Mi auguro diate un’occasione a questa bellissima trilogia, buona
lettura.
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