giovedì 6 agosto 2020

Jane Eyre

“Mi fece sedere e sedette lui stesso. «L’Irlanda è lontana, Janet, e mi dispiace mandare la mia piccola amica a fare un viaggio così faticoso: ma se non trovo altra via di uscita, che cosa si può fare? Credete, Jane, di avere una sorta di parentela con me?» Non osavo rispondere in quel momento: avevo il cuore gonfio. «Perché» disse «qualche volta, soprattutto quando mi siete vicina, come ora, ho nei vostri confronti una sensazione strana: mi sembra di avere una corda, sotto le costole, a sinistra, strettamente, inestricabilmente annodata a una corda analoga situata nella stessa zona del vostro corpo esile. E se quel tempestoso tratto di mare e tre, quattrocento chilometri di terra si metteranno con tutta la loro vastità tra noi, ho paura che quella corda che ci unisce verrà spezzata; e allora temo che comincerei a sanguinare internamente. Quanto a voi… mi dimenticherete.»

«Questo non lo farei mai, signore; voi sapete…» Mi fu impossibile proseguire.

«Jane, sentite l’usignolo cantare nel bosco? Ascoltate!»

Ascoltandolo, singhiozzavo convulsamente, poiché non riuscivo più a dominarmi: ero costretta ad arrendermi; e una profonda angoscia mi scuoteva dalla testa ai piedi. Quando infine potei parlare, espressi soltanto l’impetuoso desiderio di non essere mai nata, o mai giunta a Thornfield.

«Perché vi dispiace lasciarla?»

La violenza dell’emozione suscitata dalla pena e dall’amore che erano in me rivendicava un completo dominio e lottava per impadronirsi di me; e proclamava il diritto di predominare: di sopraffare, vivere, sorgere e infine regnare; sì… e il diritto di parlare.

«Soffro a lasciare Thornfield: amo Thornfield: la amo, perché qui ho vissuto una vita piena e gioiosa… almeno per qualche tempo. Non sono stata calpestata. Non sono stata avvilita e paralizzata. Non sono stata seppellita insieme a menti inferiori, esclusa anche dal più piccolo bagliore di comunione con l’intelligenza, l’energia, la nobiltà. Ho discusso, da pari a pari, con una realtà che mi ispira profondo rispetto; la cui presenza è una gioia per me: con una mente originale, vigorosa, vasta. Ho conosciuto voi, signor Rochester;

e mi sento vincere dal terrore e dall’angoscia al pensiero che devo venire strappata per sempre dalla

vostra presenza. Vedo bene che la partenza è necessaria, ed è come guardassi la necessità della morte.» […]

«Vi dico che devo andare!» ribattei quasi con furia. «Credete che potrei rimanere e non essere più nulla per voi? Credete che io sia un automa, un meccanismo insensibile? Che possa sopportare di vedermi strappato di bocca il mio pezzo di pane, di veder gettato via dalla coppa il sorso d’acqua che mi è necessario per vivere? Credete, perché sono povera, oscura, brutta e piccola, che io sia senza anima e senza cuore? Vi sbagliate! Ho un’anima come voi, e un cuore forse più grande del vostro! Se Dio mi avesse donato un po’ di bellezza e molta ricchezza, vi avrei reso difficile lasciarmi, come lo è ora per me lasciare voi. Non vi parlo attraverso le usanze e le convenzioni, neppure attraverso la mia spoglia mortale: è il mio spirito che si rivolge al vostro spirito; come se entrambi avessimo conosciuto la morte e fossimo ai piedi di Dio, noi due, uguali… come siamo!»

«Come siamo!» ripeté il signor Rochester. «Così,» aggiunse prendendomi tra le braccia, stringendomi al petto, posando le sue labbra sulle mie «così, Jane.»”.

 

Jane Eyre, Charlotte Brontё

 

Edito Oscar Vault

Costo 28€

 

Jane Eyre è il romanzo più conosciuto e apprezzato di Charlotte Brontё. Venne pubblicato nel 1847, quando l’autrice aveva 31 anni, sotto lo pseudonimo di Currer Bell e riscosse sin dall’inizio un grandissimo successo. Attualmente è considerato uno dei capolavori della letteratura inglese e, nonostante il passare degli anni, continua ad attrarre e affascinare le nuove generazioni. Ci sono svariati motivi che consentono al lettore di accostare all’opera gli aggettivi “meravigliosa”, “splendida” ed “eccellente”: dallo stile scorrevole e incantevole, alle impareggiabili descrizioni dell’animo umano che permangono immutate nella nostra memoria anche dopo molti anni dalla loro lettura. È un’opera magistrale che, sebbene apparentemente racconti dell’infanzia, dell’adolescenza e della vita adulta di Jane Eyre (orfana di padre e madre), cela al suo interno misteri, segreti, atmosfere cupe e segnali premonitori (mi riferisco, senza entrare troppo nel dettaglio, all’albero distrutto durante un temporale), ma anche amicizia (Helen), amore, sacrificio, passione, dolcezza, tenerezza e libertà.

Helen Burns fece alla signorina Smith una domanda insignificante sul suo lavoro, venne prontamente rimproverata per la pochezza della richiesta, ritornò al suo posto, e mi sorrise mentre di nuovo mi passava davanti. Lo ricordo ancora quel sorriso, e so che era l’espressione di una bella intelligenza, di un autentico coraggio; illuminava i suoi lineamenti marcati, il volto sottile, i grigi occhi infossati come il riflesso del viso di un angelo. Eppure, in quel momento Helen Burns aveva al braccio il “distintivo della trascuratezza personale”; e soltanto un’ora prima era stata condannata dalla signorina Scatcherd a pranzare l’indomani a pane e acqua, perché, copiandolo, aveva macchiato un esercizio. Imperfezione della natura umana! Vi sono macchie sulla superficie dei pianeti più luminosi; occhi come quelli della signorina Scatcherd riescono a vedere soltanto quei minuscoli difetti, e sono ciechi al pieno splendore dell’astro”.

                                                                                                 Jane Eyre, Charlotte Brontё

Esistono parole più belle, affettuose e sincere per descrivere una persona amica?

Sin dai primi capitoli, risulta evidente l’impronta autobiografica data all’opera: Lowood, l’istituto frequentato da Jane, non è altro che la Clergy Daughter's School di Cowan Bridge frequentata da Charlotte e dalle sue sorelle, caratterizzata da condizioni igieniche inadeguate e vitto insufficiente -che porteranno alla morte delle due sorelle maggiori (Maria ed Elizabeth). Si possono trovare dei richiami alla vita e agli interessi dell’autrice anche nella grandissima passione di Jane per il disegno, nello specifico i ritratti; così, da artista amatoriale, che ha ricevuto la tipica educazione riservata alle giovani donne dell’epoca (generalmente limitata alla riproduzione o all’emulazione di opere ampiamente diffuse con l’intento di addobbare casa o di regalarle ai propri familiari), ben presto fa del disegno il modo e il mezzo principali attraverso cui esprimere i propri pensieri, le proprie preoccupazioni, i propri sentimenti e la propria voglia di indipendenza -la rappresentazione grafica diventa così creativa e non semplice riproduzione. La stessa Charlotte sviluppò rapidamente la capacità di ritrarre in modo dettagliato ciò che la circondava o i volti che osservava; per un certo periodo, la sua aspirazione più grande era quella di diventare una pittrice e di guadagnare attraverso le sue opere, tant’è che per realizzarlo dedicava al disegno e alla pittura più di nove ore al giorno.

Per via della stretta connessione tra Jane e arte grafica, molti studiosi ritengono che, per una migliore comprensione dei romanzi, sia necessario conoscere e studiare sia la Charlotte scrittrice che la Charlotte disegnatrice: le due non possono essere scisse. Claire Harman (autrice di diverse biografie e docente di Inglese all’Università di Manchester e Oxford), addirittura, è convinta che in uno dei ritratti di Charlotte del 1843, solo recentemente identificato come auto-ritratto, risieda il seme che poi diversi anni dopo darà vita a Jane Eyre. Nell’opera è presente un passaggio in cui la stessa Jane ritrae sé stessa davanti allo specchio, con una posizione e un’acconciatura molto simile a quella che troviamo nell’autoritratto di Charlotte, e lo fa per convincere sé stessa di non meritare le attenzioni di Mr Rochester perché “troppo povera, semplice ed indipendente”. Harman riconduce questo passaggio alla concezione che la Brontё aveva di sé: “La scrittrice era dolorosamente consapevole del proprio aspetto, e questo ritratto è stato identificato come suo dalla descrizione dei suoi sgraziati lineamenti – un naso largo, sopracciglia prominenti, occhi penetranti e bocca pendente da un lato per nascondere denti non perfetti”. 

Charlotte Brontë (1816-1855). Pencil sketch, possibly a self-portrait, on a blank page in her school atlas (J. C. Russell’s General Atlas of Modern Geography, London: Baldwin & Cradock, ca. 1830s). The Morgan Library & Museum. Photography by Graham S. Haber.


Attualmente, il disegno è conservato ed esposto presso The Morgan Library & Museum a New York, che accoglie anche altri suoi schizzi come Lady Jephia Bud o Stone Cross on the Yorkshire Moors o Lycidas.


Charlotte Brontë (1816–1855), Lycidas, watercolor drawing, March 4, 1835, copied from a print after painting by Henry Fuseli. Brontë Parsonage Museum.


Nello stesso romanzo (e nel film del 2011 con i bravissimi e bellissimi Mia Wasikowska e Michael Fassbender), una delle prime cose che Jane fa una volta giunta a Thornfield, dimora di Mr Rochester, consiste nell’ispezionare alcuni quadri presenti alle pareti dell’atrio della casa.

Traversai la lunga galleria coperta da una passatoia, scesi gli sdrucciolevoli gradini di quercia; poi raggiunsi l’atrio: qui mi fermai un istante; guardai i quadri appesi alle pareti”.

Jane Eyre, Charlotte Brontё

Inoltre, uno dei primi incontri con Mr Rochester vedrà come argomento principale di discussione proprio i suoi dipinti:

Dispose i dipinti davanti a sé e tornò a esaminarli a turno.

Mentre lui è impegnato a farlo, dirò ai miei lettori che disegni siano: ma devo premettere che non sono nulla di straordinario. I soggetti si erano presentati vividi alla mia immaginazione. Come li vedevo con l’occhio della mente, prima di cercare di dargli corpo, erano magnifici; ma la mano era stata inferiore alla fantasia, e avevo realizzato soltanto una pallida copia di quel che avevo immaginato. Si trattava di acquerelli. Il primo raffigurava delle nuvole basse e livide che rotolavano su un mare in tempesta: lo sfondo era vago, sfumato; e anche il terreno in primo piano; o piuttosto le onde in primo piano, perché non c’era terra. Un raggio di luce metteva in risalto un albero di nave semisommerso su cui era appollaiato un cormorano, grande e scuro con le ali spruzzate di spuma; teneva nel becco un braccialetto d’oro, ornato di gemme, che avevo dipinto con i colori più brillanti della mia tavolozza e con tutta la scintillante nitidezza di cui il mio pennello era capace. Nell’acqua verde, sotto l’albero e l’uccello, appariva il corpo di un’annegata; se ne vedeva con chiarezza soltanto un braccio, da cui il braccialetto era stato portato via dalla corrente o strappato. Il secondo dipinto aveva in primo piano soltanto la cima indistinta di una collina, con erba e foglie piegate come da una brezza. Al di sopra e al di là si stendeva un cielo azzurro cupo come al tramonto: contro il cielo si ergeva un busto di donna, nei colori più foschi e tenui che avevo potuto ottenere. La fronte pallida era incoronata da una stella; i lineamenti del viso erano visti come attraverso una nebbia; aveva occhi luminosi, scuri e selvaggi; e i capelli si stemperavano nell’ombra come una nuvola oscura strappata dalla tempesta o da una carica elettrica. Sul collo batteva un debole chiarore lunare; e lo stesso spento chiarore illuminava il corteo di nuvole leggere da cui sorgeva chinandosi questa immagine della stella vespertina. Il terzo dipinto rappresentava la punta di un iceberg che sbucava da un cielo polare: all’orizzonte un chiarore di aurora boreale impennava le sue punte. In primo piano, confinando le altre immagini nello sfondo, sorgeva una testa… una testa colossale, china verso l’iceberg a cui si appoggiava. Due mani sottili congiunte a sorreggere la fronte tenevano un velo nero davanti alla parte inferiore del viso; si vedeva solo una fronte esangue, bianca come un osso, e un occhio cavo e fisso, che esprimeva soltanto una vitrea disperazione. Sopra le tempie, tra le pieghe di un turbante nero, di forma indeterminata e inconsistente come una nuvola, riluceva un incandescente anello di fuoco, bianco, acceso da scintille di una tinta livida. Quella pallida mezzaluna era “simile a una corona regale”; e la testa che incoronava era “la forma che niuna forma aveva”.

«Eravate felice mentre dipingevate questi quadri?» chiese infine il signor Rochester.

«Mi sentivo molto presa, signore: sì, ed ero felice. Ho provato, nel dipingerli, una delle gioie più grandi che abbia mai provato.»”

Jane Eyre, Charlotte Brontё

Non sentite anche voi il profumo dell'amore e della vita in queste parole?

Ci sarebbe molto altro su cui scrivere, ma non voglio correre il rischio di essere troppo prolissa, perciò concludo dicendo che: Jane è molto più di un semplice personaggio, è la parte più poetica e artistica della stessa Charlotte, che nel corso dei secoli continua ad illuminare -esattamente come un faro nelle notti più buie- il cammino di molte donne, spesso costrette a rinunciare alla propria indipendenza per via dell’amore o viceversa. Vi lascio con una serie di altri suoi disegni:

Charlotte Brontë (1816–1855), Lady Jephia Bud, December 6, 1829, Wash over pencil drawing. The Morgan Library & Museum. Photography by Graham S. Haber

Original pencil drawing by Charlotte Brontë of Derwent Water in the Lake District, dated 1832 and based on an engraving by Thomas Allom

Pencil drawing by Charlotte Brontë of an unnamed woman, probably copied from an engraving. This piece was previously identified as Anne Brontë and was used as the frontispiece for The Tenant of Wildfell Hall in the Thornton edition of the sisters’ collected works published in 1907, but this identification is questionable
Charlotte Brontë (1816–1855), Study of Noses, pencil drawing, ca. February 1831. Brontë Parsonage Museum

Vi auguro una buona lettura e nel caso in cui voleste approfondire troverete a seguire alcuni link utili.


Fonti:
https://www.theguardian.com/books/2015/oct/26/charlotte-bronte-sketch-identified-self-portrait

https://www.peterharrington.co.uk/blog/painting-by-words-the-original-drawings-of-charlotte-bronte/

https://www.theguardian.com/books/2019/apr/05/how-dickens-bronte-and-eliot-influenced-vincent-van-gogh

https://www.themorgan.org/exhibitions/charlotte-bronte

https://books.google.it/books?id=Wet5f07nAtcC&pg=PA11&lpg=PA11&dq=charlotte+bront%C3%AB+artist&source=bl&ots=Bm04bk9i4j&sig=ACfU3U0eSFNA4elUGk-2Tchjy8WX55nhJQ&hl=it&sa=X&ved=2ahUKEwjsz4aCs_LqAhVk-yoKHc5KBzU4ChDoATAIegQIBxAB#v=onepage&q=charlotte%20bront%C3%AB%20artist&f=false

2 commenti:

  1. Meraviglioso articolo! Secondo me hai saputo proprio cogliere l’essenza di Charlotte, rendendo il tutto ancora più interessante, grazie anche agli estratti del romanzo. Bellissimo!

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    1. Io ti ringrazio tantissimo ❤️ grazie, grazie e ancor grazie❤️

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