“Circe, dice, andrà tutto bene.
Non sono parole di un oracolo né di
un profeta. Sono parole che potresti dire a un bambino. L’ho sentito che le
diceva alle nostre figlie, nel cullarle per farle riaddormentare dopo un
incubo, nel medicare le loro piccole ferite, nel placare qualsiasi loro
tormento. Sotto le dita, la sua pelle mi è familiare quanto la mia. Ascolto il
suo respiro, tiepido sull’aria notturna, e in qualche modo mi conforta. Lui non
intende dire che non fa male. Non intende dire che non siamo spaventati. Solo questo:
che siamo qui. E questo che vuol dire nuotare nella corrente, camminare sulla
terra e sentirne il tocco sotto i piedi. È questo che significa essere vivi.”
Circe, Madeline Miller
Edito Marsilio - Feltrinelli
Costo 12€
In queste pagine Circe compie un processo di crescita immenso, da primogenita inesperta e priva di una guida che le insegni come comportarsi tra le divinità e gli uomini, si trasforma lentamente in una persona indipendente, autosufficiente ed esperta. In questo volume si percepisce appieno il concetto di lavoro proposto da Marx ed Engels ne L’ideologia tedesca del 1845: solo attraverso il lavoro - libero e creativo – l’uomo prende coscienza di sé e delle sue capacità (“Si possono distinguere gli uomini dagli animali per la coscienza, per la religione, per tutto quello che si vuole; ma essi cominciarono a distinguersi dagli animali allorché cominciarono a produrre i loro mezzi di sussistenza... Producendo questi gli uomini producono indirettamente la loro stessa vita materiale”). Circe diventa umana – e anche divina, magica - e consapevole del proprio corpo, della propria mente e dei propri bisogni, solamente nel momento in cui incomincia a produrre e lavorare con le proprie mani. Il solo osservare e studiare le erbe, che arricchiscono il paesaggio di Eea, rende Circe libera e capace di prendere in mano la propria esistenza, anche se confinata sull’isola. Perciò, da questo punto di vista, Circe è un’opera estremamente formativa. È interessante osservare anche le dinamiche che la coinvolgono come primogenita: il primogenito è colui che – appunto - per primo cerca di approcciarsi alle figure genitoriali e di capire come comportarsi in loro presenza; gli altri figli sono avvantaggiati da questo punto di vista perché imparano dal figlio maggiore cosa fare, come reagire e cosa evitare. Circe ha inconsapevolmente su di sé un compito estremamente gravoso, ovvero il doversi approcciare ingenuamente a due figure narcisiste e, per certi versi, spietate. Questo spiega la confusione e la difficoltà dei primi decenni della sua esistenza.
Insomma, Circe cresce, anche se lentamente e non abbandonando mai il suo carattere ingenuo, e scopre un mondo prima impensabile: trova rifugio tra gli animali e gli uomini, impara a difendersi e, al contrario di Medea, a dominare emozioni titaniche. È stato proprio il confronto Circe-Medea a farmi, in parte, apprezzare un’opera che avrei trovato altrimenti spenta e approssimativa. Non sono, infatti, riuscita a rimanere - nel complesso - soddisfatta della narrazione e della struttura del racconto. Ho trovato dei personaggi interessanti ma raccontati con avventatezza, superficialità e banalità. Non voglio sembrare una sbruffona, ma la verità è che ho provato più volte il desiderio di cancellare alcune pagine e riscriverle dall’inizio. Non è un libro che mi ha lasciato emotivamente molto, purtroppo. In ogni caso, risulta una lettura interessante se volete approfondire i rapporti tra le varie divinità greche. Buona lettura.
Nessun commento:
Posta un commento