sabato 12 giugno 2021

Wambleeska

 “«Questi sono gli alberi KIBOU, significa “speranza”. Deriva dall’antica lingua giapponese. La sostanza rossa e luminescente che li attraversa in realtà è ciò che mantiene in vita il piccolo paradiso terrestre che vedi. Attraverso le radici nutrono il terreno, rendendolo fertile.» «Perché si chiamano così?» «Dopo lo storm fight era rimasta una piccola zona incontaminata, gli umani cercarono di ampliarla e di prendersene cura, ricreando la Zona Verde. Dopo tutti gli sforzi fatti, le piante al suo interno iniziarono a morire.» Il suo viso era disteso, come anche il mio, grazie al contatto con la natura. «La preoccupazione tra la popolazione terrestre aumentò, anche perché la distruzione delle specie vegetali significava la perdita dell’ossigeno. Nonostante le continue ricerche e le sostanze utilizzate, non c’era nulla da fare. Poi un giorno, all’improvviso, comparve una piccola pianta alla quale se ne aggiunsero altre che, in poco tempo, avevano raggiunto i cento metri di altezza. Con la loro comparsa anche le altre piante rifiorirono nuovamente; attraverso una serie di studi si scoprì che la linfa di questi alberi permetteva anche ad altre specie vegetali di sopravvivere. Vennero chiamati KIBOU perché, nel momento esatto in cui le speranze erano svanite, era accaduto il miracolo. KIBOU ricorda agli umani che non devono mai smettere di sperare e che dovrebbero mantenere viva questa piccola luce.»”

Wambleeska, Maria Lucia Caparelli

 

Edito Self Publishing

Costo 10€

 

Ho riportato questo passo perché, a parer mio, racchiude l’essenza stessa del racconto Wambleeska: la ricerca della vita e della speranza nelle piccole cose, come in una piantina che sboccia e resiste attraverso il cemento o una scintilla che innesca un incendio poderoso o in un libro che, dopo anni, trova finalmente la luce. Mi è piaciuto molto perdermi in queste 277 pagine e, dopo averlo concluso, posso dire di aver avuto l’impressione di trovarmi in un mix tra i film – pieni di azione e adrenalina – della Marvel e la serie tv – geniale e potente – Altered Carbon. Wambleeska è stimolante, capace di farti riflettere su quanto l’istinto sia spesso più autorevole della ragione e su quanto il mondo sia intriso di umanità e bestialità, indipendentemente dalla specie di appartenenza.

Lo scenario post-apocalittico in cui ha inizio la narrazione, e che conosciamo anche attraverso una bellissima mappa, è intriso di nozioni scientifiche e di elementi curiosi ed intriganti (la fortezza dell’esercito WASKA è, ad esempio, inespugnabile poiché costruita grazie al maxloc “un materiale resistente alle alte temperature, anche vicine ai duecento gradi […] abbiamo fuso le rocce a temperature superiori ai duecento gradi e tramite l’utilizzo di membrane porose abbiamo separato il maxloc da tutti gli altri materiali”), da cui si evincono le grandi competenze e conoscenze dell’autrice in materia. Così, ci ritroviamo in un mondo nuovo, diverso dove bisogna comunque lottare per i propri diritti e per la propria esistenza: l’essere umano è riuscito a produrre in laboratorio dei cloni, a sua immagine e somiglianza, ma non è riuscito a vedere l’uomo che si cela al loro interno. Wambleeska è quasi un leader, un uomo che grazie al suo coraggio e alla sua forza di ribellarsi, ha saputo ispirare centinaia di migliaia di oppressi: è quasi l’incarnazione stessa della libertà, nonostante gli sbagli, il dolore e l’angoscia, è una sorta di Spartaco del futuro. Alla sua genuinità e bontà si contrappongono il narcisismo e la malvagità del Signor B, responsabile dell’oppressione di buona parte delle anime che percorrono la Lambasia (il continente post-apocalittico emerso dopo lo storm fight). Lo scontro tra i due accende e riempie queste pagine, consentendo al lettore di immedesimarsi e allontanarsi dalla realtà. Non voglio aggiungere nessun’altra informazione riguardante la trama, lascio a voi il piacere della scoperta. Ciò che tengo a sottolineare è la bellezza e la fluidità di questo romanzo, capace di concederti ore di riposo e di piacere; io per prima sono rimasta sorpresa dalle grandi capacità dell’autrice, che non ha nulla da invidiare a scrittori molto più acclamati. Mi auguro lo leggiate e cogliate la bellezza che si cela nel ricostruire dalle ceneri, anche se stanchi e ancora abbattuti dalla tempesta. Buona lettura.

Ringrazio di cuore Maria Lucia Caparelli per avermi concesso di leggere l'opera in anteprima e per aver riposto in me così tanta fiducia: ti mando un fortissimo abbraccio e ti auguro con tutto il cuore di non perdere mai la speranza.



mercoledì 9 giugno 2021

L'acqua del lago non è mai dolce

 “Io vorrei dire che tutti mentiamo sulla nostra famiglia, è quello il covo delle nostre più ardite bugie, dove nascondiamo la nostra identità, ci inventiamo favole, proteggiamo ingiustizie, facciamo incetta di luoghi comuni e ci barrichiamo dietro alle grida, le urla, i misteri; ma non è questo che dico, lo guardo e ribatto: Raccontami un’altra storia.”

L’acqua del lago non è mai dolce, Giulia Caminito

 

Edito Bompiani

Costo 18

 

Sono rimasta incantata davanti alla potenza di Tutto chiede salvezza, candidato al Premio Strega 2020, ma quasi del tutto indifferente davanti alla rabbia, alle ingiustizie e alla frustrazione di L’acqua del lago non è mai dolce, candidato al Premio Strega 2021. Se le prime cento pagine sono riuscite ad incuriosirmi (grazie alla figura di Antonia), a farmi realizzare quanto poco scontato sia possedere una casa e quanto alcune condizioni economiche siano complesse e mortificanti, le restanti 200 pagine non si sono rivelate all’altezza. Ho trovato il profondo lago delle emozioni e delle relazioni umane toccato solo superficialmente, non sono – infatti – riuscita a trovare quell’intensità che cercavo, quel brivido dovuto alla tortuosità e all’incoerenza dell’animo umano. Ho cessato di immedesimarmi, giustificare e provare a capire Gaia – la protagonista del racconto, prima bimba, poi adolescente e, infine, adulta – nel momento in cui la rigidità e l’inflessibilità del suo personaggio non sono state placate neanche dalla morte, in particolare quella di Carlotta (suicidio che, a mio avviso, è stato a malapena analizzato). Non sono una persona interessata a ciò che è delicato, scivola e cade nel dimenticatoio, sono maggiormente interessata a ciò che con forza ti spinge a guardare il lato misero e duro della realtà. In queste 300 pagine, non ci si ferma a riflettere sul bisogno d’accettazione che pervade l’adolescenza e sulle conseguenze che questo genera in individui di sesso femminile (portando alcune a soddisfare le aspettative sessuali maschili pur di provare approvazione) o su altre questioni rilevanti, ma si trova un continuo succedersi di accadimenti ingarbugliati raramente analizzati che, per questo motivo, non sono stati in grado di rimanere aggrappati alla pelle e all'anima.





Gideon La Nona

“«Basta» sbottò la Reverenda Figlia, con la voce affilata come un rasoio. «Preghiamo.» Il silenzio scese sull’assemblea, come i lenti fiocch...