Cos'è ‘Cadavere squisito’? Come descriverlo?
È un ‘Frankenstein’ al contrario pervaso dall'ombra del mortifero? È un ‘Incredulità di San Tommaso’ dipinto da Caravaggio? È quel cerbiatto muto che attraversa la strada a notte fonda e si incatena al tuo sguardo prima dell'impatto?
Nel cassetto che lo conserva e lo ripara dalle interperie, in un piccolo angolino, ci sono anch'io.
Mi sento diversa da mia madre e mia nonna; mi sento facente parte di una generazione ipocrita da fast-food, che ha sempre manipolato e divorato carne macellata e privata della sua complessità.
Mi immagino sola in un market, a ricomporre i pezzi smembrati e realizzo di non riconoscerli, di non riuscire a ridare loro, almeno nel mio cervello, la fiammella di vita posseduta in precedenza.
Cos'ha provato San Tommaso nell'introdurre il proprio dito nella carne calda, viva, sanguinante e appartenente ad un corpo non ancora privato della sua integrità? Che sensazione si prova nel toccare e conoscere, attraverso l'altro, la propria consistenza?
Quanto è ampia l'ipocrisia del carnivoro che non ha mai ucciso con le proprie mani? Quanto soverchiante quella sensazione viscerale di fame proteica e grassa che prende il sopravvento e trasforma in vampiri?
Riuscirei a continuare una dieta carnivora se dovessi abbattere, macellare e cucinare con le stesse mani che accarezzano e si spingono verso i raggi di sole pomeridiani?
Nessun commento:
Posta un commento