mercoledì 31 luglio 2024

Gideon La Nona

“«Basta» sbottò la Reverenda Figlia, con la voce affilata come un rasoio. «Preghiamo.»

Il silenzio scese sull’assemblea, come i lenti fiocchi cadenti di polvere fosforescente. […] L’inno delle orripilanti prozie terminò con una nota acuta e vibrante che si disperse a mezz’aria, senza attenuarsi; Harrow chinò il capo e così fecero i suoi genitori, dimostrando la loro simultanea obbedienza. Le prozie abbassarono la testa verso il torace; Aiglamene e Cruz le imitarono a ruota. Gideon alzò lo sguardo verso il soffitto, accavallò le caviglie cambiando gamba e scacciò con un battito di ciglia i detriti luminescenti che le erano finiti negli occhi.

 «Prego per il sepolcro, che resti sigillato in eterno» recitò Harrowhark, con l’insolito fervore che dimostrava sempre nelle invocazioni. «Prego per la roccia, che non venga mai scostata. Prego per quel che è sepolto, che rimanga sepolto, inerte, in perpetuo riposo, l’occhio chiuso e il cervello immoto. Prego che viva e prego che dorma… […]»

Pregarono tutti perché così fosse, in un gran sbatacchiare d’ossa.”

Gideon La Nona, Tamsyn Muir


Edito Mondadori

Costo 15€


C’erano una volta, in un Universo lontano lontano, Nove pianeti e, a rivendicarne la proprietà, Nove Casate di Necromanti.

Ogni casata era assegnata ad un particolare tipo di pianeta, specializzata in una particolare arte necromantica e posta sotto la guida dell’Imperatore, un essere immortale e asceso a divinità.

Uno dei nove corpi celesti, sebbene povero, trascurato e arido, venne incaricato sin dalla sua fondazione di svolgere un compito scabroso: custodire e tenere sigillato il corpo del principale nemico dell’Imperatore.

Diecimila anni dopo, il pianeta ospitante la Nona Casa potrebbe essere definito immutato e così anche la sua popolazione: da circa diciotto anni non nascono più bambini e l’età media è estremamente alta. Inalterato è anche il caposaldo della casata: nessuno può e deve aprire la Tomba Sigillata. Tutto sommato, tra prozie scricchiolanti, tornei necromantici e navicelle spaziali esplosive (letteralmente), chi mai potrebbe ricordarsi della sua esistenza e accedervi?

Un applauso (anche da mia prozia) a Tamsyn Muir per aver sviluppato un libro folle, ironico, oscuro e sorprendente.






venerdì 3 maggio 2024

La leggenda dei giocolieri di lacrime

«Dov’è il mio cuore?... Oh… dov’è il mio cuore?» si sveglia di soprassalto sul suo giaciglio, ma non sente alcun battito, solo un vuoto atroce, come se nel suo corpo si allargasse prepotentemente la notte, ma senza le stelle e la luna. […] Chi non ha un cuore che batte non può nemmeno amare. È vivo chi non ama? Non è vivo! Ma allora lui, Velemir Pep, è morto. Non è altro che un’anima morta. […] Non c’è altra soluzione dunque, deve ritirarsi dalla vita. […] Prende dunque una vanga e se ne va sul luogo della sua tragedia, sotto il terribile albero di noce, che si erge in messo al paesaggio come se potesse restare lì fino alla fine dei tempi. Non deve scavare a lungo. Una fossa a misura di bambino, lunga appena un braccio e mezzo, profonda a malapena un braccio. Sospira, si stende nella buca. Si sistema con cura, poi ascolta il rumore delle briciole di terra che rotolano giù nella tomba. Insetti corrono tra le rughe del suo viso, lombrichi si attorcigliano intorno alle sue dita, chiocciole si arrampicano sul suo corpo, e intanto sopra di lui scintilla azzurro il cielo lontano. Brilla proprio come dopo una forte pioggia. Guarda le nuvole che nuotano via lentamente, il volo degli uccelli, e ne ricava piacere. La cosa più bella di questo mondo è che si possa morire, quando uno vuole morire. […] E proprio mentre sta pensando a quanto sia bello potersene andare via felice da ciò che gli ha riservato solamente tristezza e miseria, un’ombra si posa sul suo minuscolo volto rugoso. […] Una faccia seria, gelida lo sta fissando. […] «Ascolta un po’ nel mio orecchio!» dice seriamente. Velemir Pep avvicina svogliatamente il suo orecchio a quello dell’uomo dalla faccia gelata. Sente un piccolo cuore che batte dentro quell’orecchio. «Cos’è?! Cos’è?!»

«Il battito del tuo cuore, Velemir Pep.»”

La leggenda dei giocolieri di lacrime, László Darvasi

 

Edito Il Saggiatore

Costo 32€

 

Di queste 649 pagine rimane un peregrinare confuso, di cui non penso di aver colto ogni sfumatura, ma a cui riconosco la fermezza di aver perseverato e proseguito per terre sconsolate, afflitte e pietrose. Cinque è il numero dei giocolieri che, col loro carro e le loro lacrime, percorrono le strade del tempo e sono in grado di portare “la notizia della sofferenza” o di ridare speranza. Da questi personaggi misteriosi, ognuno è in grado di ricevere un significato e uno scopo diversi. Il mio è apparso nel momento esatto in cui i lombrichi, gli insetti e le chiocciole si sono adagiati sul corpo di Velemir Pep e, ritornando alla terra, ha provato la serenità persa percorrendo strade già battute e consumate, di cui ciò che resta è polvere altrui. Eppure, i sensi sono innumerevoli e, mentre ritrovi il battito perso nel meato acustico altrui, qualcun altro si perde spesso contando i peli della barba di un Pascià. La notte è lunga e vicino ad un carro che porta il simbolo di una lacrima è normale sentirsi smarriti e ritrovati al contempo. ‘La leggenda dei giocolieri di lacrime’ è un viaggio strano, ma non per questo da non intraprendere.



martedì 20 febbraio 2024

Atti umani

“Alcuni ricordi non cicatrizzano mai. Invece di sbiadire con il passare del tempo, sono gli unici a sopravvivere quando tutti gli altri si sono cancellati. Il mondo si oscura come lampadine elettriche che si spengono una alla volta. So bene di non essere in salvo. È vero che gli uomini sono fondamentalmente crudeli? L’esperienza della crudeltà è l’unica cosa che ci accomuna come specie? La dignità a cui ci aggrappiamo non è altro che un’autoillusione, un modo per nasconderci da questa unica verità – che ciascuno di noi può essere ridotto a un insetto, a una bestia rapace, a un ammasso di carne?”

Atti umani, Han Kang

 

Costo 12€

Edito Adelphi

 

Quando inizi ‘Atti umani’, ambientato nel 1980 a Gwangju (Corea del Sud), sei ancora convinta di vivere in un mondo dove un bambino con le mani rivolte al cielo, a simboleggiare la sua resa e sottomissione, possa essere risparmiato dalla sete di sangue e dalle leggi fisiche che governano il moto parabolico del proiettile. Scopri di sbagliarti dopo solo qualche pagina. Non hai considerato la trasformazione alchemica a cui sono andati incontro i soldati mandati a sedare le proteste: la loro anima è stata trasmutata in piombo e i loro fluidi corporei in ferocia.

Improvvisamente, ti ritrovi schiacciata e sommersa da un numero imprecisato di corpi scomposti e in vari stadi di decomposizione. Il primo pensiero è quello di considerarli dei gusci vuoti, se non fosse per l’intenso odore di vita e lacrime che hanno ancora addosso. Scopri che quell’enorme torre di Babele corporea è desiderosa di raccontare la sua storia nell’unica lingua universalmente riconosciuta dall’uomo: la sofferenza patita per la libertà.

Così, attraverso la sapiente narrazione di Han Kang, ritrovano voce gli uomini e le donne uccisi, massacrati e brutalmente torturati nel maggio del 1980 e coloro che, dopo anni, sono ancora costretti a piangerne la morte. Un’opera estremamente toccante e terrificante, capace di inseguire l’umano per vie tortuose, sporche e crudeli.



domenica 15 ottobre 2023

Upgrade

 “Non parliamo di Shenzhen o di ciò che le locuste stanno facendo alle risaie. Raramente la mamma è nostalgica, ma stasera costituisce un’eccezione.
Mi domanda dei miei momenti preferiti trascorsi qui.
Condivide perfino alcuni dei suoi.
E poi mi dice qualcosa che anche la mia mente comune non mi ha mai permesso di dimenticare: «La vita non va mai davvero nel modo che desideri o che ti aspetti. Di solito, anche ottenere esattamente ciò che vuoi si rivela non essere ciò che volevi sul serio. Quindi, figlio mio, se mai troverai un frammento di felicità e pace, sii solo grato e vivi. Non chiedere di più, perché un frammento è più di quanto la maggior parte delle persone riesca mai a trovare.»
«È quello che hai fatto?» domando «Hai chiesto di più?»
Non scorderò mai il modo torvo in cui mi ha guardato attraverso il tavolo. […]
C’è della ferocia nel modo in cui mi trattiene, come se fosse abbarbicata a qualcosa che sta scivolando inesorabilmente via.”
Upgrade, Blake Crouch
 
Edito Fanucci
Costo 16€
 
 
Secondo la mitologia greca, Prometeo ed Epimeteo sono i fratelli titani le cui scelte segneranno la nascita e la sorte della specie umana. Alle origini del mondo, Zeus diede l’incarico a Prometeo di forgiare l’uomo e ad Epimeteo quello di distribuire agli esseri viventi un numero limitato di ‘buone’ qualità.
Prometeo, colui che riflette prima, plasmò l’uomo dal fango e lo animò con il fuoco, dimostrandosi all’altezza del compito assegnatogli; al contrario, Epimeteo, colui che riflette dopo, distribuì i doni senza criterio e ordine, lasciando l’uomo indifeso e privo di qualità.
Così, il primo fratello, angosciato dallo squilibrio venutosi a creare, si ritrovò costretto a sottrarre agli dèi intelligenza, memoria e fuoco per aiutare l’umanità.
La punizione a cui andrà incontro per essersi ribellato sarà esemplare e porterà Epimeteo, dispiaciuto per la sua sorte, a sposare Pandora. Pandora, donna mortale creata da Zeus per punire l’umanità, è colei che per curiosità aprirà il vaso contenente tutti i mali e li riverserà sul mondo, provocando l’inizio delle sciagure del genere umano.
Il filo conduttore capace di unire Upgrade a questo antichissimo mito lo si ritrova nel bisogno, che traspare in tutte le 312 pagine del romanzo, di interrogarsi circa il diritto dell’uomo di auto-plasmarsi e di ribellarsi alle leggi naturali, rivoluzionando e soverchiando la sua stessa essenza.
Nel futuro proposto da Blake Crouch, infatti, si è enormemente progrediti nel campo dell’ingegneria genetica, sicché gli scienziati sono in grado di manipolare il genoma di ciascun individuo e di apportare significativi cambiamenti biologici.
In particolare, nel romanzo risultano fondamentali le scoperte e le ricerche della dott.ssa Miriam Ramsay; il suo più grande contributo è stato quello di aver sviluppato lo Scythe, un meccanismo di modifica genetica in grado di essere ereditato dalla prole. Perciò, nell’era post-Scythe, vi è la possibilità di introdurre modifiche genetiche trasmissibili alle generazioni future, alterando radicalmente la variabilità interindividuale – nel bene e nel male.
Le applicazioni di tale meccanismo sono innumerevoli e non si limitano all’essere umano. Pertanto, anche la sorte e i caratteri di piante, animali e batteri possono essere manipolati e adattati alle esigenze e i capricci del momento.
Eppure, nonostante la sete di grandezza e lo sviluppo di calcoli il più precisi possibile, il sistema Universo in cui avvengono le ricerche e le misurazioni è aperto e le variabili infinite. Anche la più piccola deviazione è in grado di sconvolgere i piani: ciò che compone un organismo è spesso un passo avanti l’organismo stesso e i fili che lo muovono sono così fitti e ingarbugliati da renderne difficile l’identificazione.
Così, Upgrade si profila come una commistione di fantascienza, thriller e filosofia con una particolare attenzione ai rapporti umani. Logan Ramsay, figlio della dott.ssa Ramsay, proverà sulla sua pelle - o meglio sul suo genoma - i cambiamenti indotti da un potenziamento genetico trasmesso tramite vettore virale. 

Il più grande insegnamento coltivato in queste pagine è quello di non commettere mai l’errore di sopravvalutare e catalogare come inutile qualsiasi elemento del mondo. Lo stesso DNA – erroneamente – denominato spazzatura svolge importantissime funzioni di modulazione ed è implicato in quelle modifiche epigenetiche svincolate della sequenza di nucleotidi. Infatti, l’essere umano ha la triste tendenza a considerare superfluo ciò che non comprende, perdendo così la possibilità di integrare e accogliere dettagli importanti. L’arroganza è il più grande ostacolo al sapere e spesso, pur di preservarla, la si scambia per intelligenza. Di conseguenza, non vi è più la necessità di percepire ragione ed emozione come antitetiche, bensì come due facce della stessa medaglia: l'essere umano.

Un testo interessantissimo sia dal punto di vista scientifico che etico, capace di sollevare quesiti fondamentali. Ringrazio di cuore Fanucci per la copia omaggio.



domenica 25 giugno 2023

Il monastero

"Finalmente, con uno sforzo immane, cavandosi di bocca le parole a fatica, disse: 
- Qui Dio è nudo. Io non voglio vedere Dio nudo.
Alle Solovki Dio è nudo. Non lo voglio più. Mi imbarazza.
...Ricadde nel proprio corpo, tornò in sé, capì di aver visto non Dio, ma il proprio padre - nudo - e di aver parlato di lui.
Chiuse con forza gli occhi, nascose il mento nella giacca, sprofondò di nuovo nella propria semincoscienza.
Era inquieto, nervoso.
Dio è il padre. Io il padre l'ho ucciso, e ora per me non c'è più Dio. Ci sono solo io, il figlio. Sono lo Spirito Santo di me stesso.
"...Finché c'è il padre, dalla morte ti nascondi dietro la sua schiena. Morto il padre, esci allo scoperto, uno contro uno... e vai... dove? Da Dio? Comunque vai. E io, ecco, io ho spinto via dalla mia strada il padre e sono uscito allo scoperto - e dov'è chi mi verrà incontro? Ehi, chi c'è? C'è qualcuno?"
Si mise in ascolto attraverso l'impenetrabile sonno notturno: nessuno.
"Dio non tormenta. Dio abbandona per sempre. Torna da me, Signore. Uccidimi, ma torna."
Aprimi le porte del pentimento, Signore sorgente di vita.
Silenziosa apparve una mano, un enorme dito - e schiacciò una cimice."

Il monastero, Zachar Prilepin

Edito Voland
Costo 25€

Vi sono luoghi, privi di segnaletica, muri o sbarramenti, che danno accesso a un frammento della natura umana invisibile altrove. Le Isole Solovki emergono dalle acque del Mar Bianco e, una volta divenute sede del primo campo di lavoro sovietico – denominato SLON, erigono i propri confini rispetto al resto dell’umanità e del mondo. Qui, a partire dal 1920 fino al 1939, sbarcano migliaia di detenuti politici e comuni costretti a condizioni di vita disumane e massacranti. Così, in una piccola e inospitale lingua di terra su cui sorge un antico monastero, si riversano una moltitudine di corpi e menti, ciascuna alla deriva sul proprio banco di ghiaccio, prostrata dal lavoro, dalla fame e dal gelo. Sin dall’inizio del racconto, Artëm, il giovane protagonista condannato ad una pena detentiva di tre anni, è impegnato nella ricerca di un equilibrio fra la sua esistenza e la nuova realtà circostante. Tra raccolte di bacche, gerarchie instabili, acque gelide e compagni da amare o temere, affiora il ritratto di un essere umano integro, sincero e protetto dall’Universo che muove i suoi primi passi su un sentiero di neve candida. Ben presto, però, la carne verrà artigliata e sfregiata dai rovi, il primo sangue verrà versato e, a pochi chilometri dal traguardo, l’impulso di voltarsi indietro prevarrà sul resto: ciò che si rivela alla vista, non è più un paesaggio fiabesco, innevato ed intonso, bensì un terreno ricoperto da fanghiglia, corpi scossi dai brividi e colorati da ematomi e uno sterminato senso di solitudine e abbandono. Così, in queste 799 pagine, si compie l’inesorabile trasformazione e crescita di un ragazzo in un uomo e, allo stesso tempo, anche la natura acquisisce un volto e dei lineamenti diversi: più affilati, denutriti e feroci. 
'Il monastero' è una stanza sovraffollata, fredda e piena di spifferi, dove l’unico modo per sopravvivere è quello di venire schiacciati ed essere riconoscenti per quel poco calore sprigionato nel mentre. Eppure, nonostante il dolore, è anche un luogo dove crescono affetti, amicizie e piccoli gesti inaspettati.

Rimane, a distanza di mesi, una delle migliori letture fatte da gennaio 2023. 
Oggi hanno inizio gli sconti del 20% su buona parte del catalogo Voland e non posso fare a meno di consigliarlo.




sabato 17 dicembre 2022

Schiaccianoci e il Re dei Topi

 "Solo allora, alzando lo sguardo, Marie notò l'imponente portale che sorgeva davanti a loro, a pochi passi dal punto in cui si trovavano. Quello che a prima vista sembrava marmo bianco con eleganti venature marroni e ambrate, si rivelò ben presto come un unico, gigantesco blocco di candide mandorle confettate e uvetta passita. [...] Un odore inebriante l'avvolse all'improvviso, non appena giunsero al boschetto che si apriva su ambo i lati del sentiero e che, sotto l'intreccio scuro del fogliame, sfavillava di una miriade di frutti d'oro e d'argento appesi a piccioli colorati, mentre i tronchi e i rami degli alberi, avvolti in nastri lucenti e abbelliti da mazzolini di fiori, parevano sposi felici circondati dai loro festanti invitati. Il profumo d'arancio aleggiava tutt'intorno e come uno zefiro leggero frusciava lieve tra le foglie e faceva tintinnare le decorazioni dorate e argentate, che al suono di quella musica giocosa si muovevano in una danza di mille lucine sfolgoranti. 
«Com'è bello, qui!» esclamò Marie estasiata.
«Ci troviamo nel Bosco Natalizio, preziosa demoiselle» la informò Schiaccianoci.
«Possiamo rimanere ancora un po'? Mi piace questo posto.»"

Schiaccianoci e il Re dei Topi, E.T.A. Hoffman - illustrato da Iacopo Bruno

Edito Rizzoli
Costo 22€

'Schiaccianoci e il Re dei Topi', illustrato da Iacopo Bruno, si rivela essere un testo di un'eleganza, delicatezza e tenerezza fuori dal comune. A renderlo speciale, oltre l'espressività dei personaggi catturati nei più significativi passaggi del racconto, sono sicuramente i caldi e vivi colori, impiegati col proposito - ben riuscito - di creare un'atmosfera incantata ed eterea. Marie, la piccola protagonista del racconto, fa sfoggio di una lucente chioma rosata, capace di catturare lo sguardo e la fantasia del lettore: chi non vorrebbe, dopo averla ammirata, correre dal parrucchiere per richiedere la sua stessa tonalità di capelli?
Lo Schiaccianoci, al contrario, con la sua figura un po' sgraziata ma pur sempre delicata, infonde un senso di giustizia e coraggio tali da far dimenticare le sue enormi e spaventose fauci spalancate, dimostrando così come anche i più piccoli possano riscattarsi e avere la loro parte nella storia.
Eppure, i personaggi rappresentati non finiscono qui: il re dei topi con sette teste, piccoli omini di pan di zucchero, soldatini impegnati in lotte sanguinose, cavalieri sopra indomiti destrieri e ambigui orologiai, sono solo alcuni degli esempi proposti. Così, a emergere da queste 120 pagine, è un mondo affascinante, curato nei minimi dettagli, dove realtà e fantasia creano un connubio perfetto.
I miei più sinceri complimenti vanno a Iacopo Bruno, per aver reso ancora più affascinante una storia già di per sé indimenticabile.
Ringrazio Rizzoli per la copia omaggio.
Buona lettura.




lunedì 12 dicembre 2022

Vorrh

"I giovani se ne sono andati in città e all'estero come schiavi. Scavano sottoterra in cerca di fossili sopportando il caldo torrido per conto di altri. Vivono in baracche velenose, molti si ammalano di cancro per le sostanze chimiche. Sono automi incatenati dall'industria a cui non serve un'identità, una lingua o una famiglia. I risparmi vengono contati per pagarsi la fuga. Alcuni tornano nei campi per aiutare i vecchi e gli infermi a sollevare il secchio ammaccato e la zappa; altri cercano di tornare come principi, comprano case costose e anonime nei villaggi fatiscenti in cui sono nati. Falliranno, e i loro figli e la terra gli si rivolteranno contro aumentando la stanchezza già vibrante. I solchi strascicati dei loro sforzi si cancellano sotto i miei passi mentre attraverso le poche vestigia rimaste della comunità."

Vorrh, Brian Catling

Edito Safarà Editore

Costo 25€

Un arco e una freccia, ricavati dai tendini e dai muscoli di una veggente nata nel cuore dell'Africa e da poco defunta, fremono e indicano inesorabilmente - a colui che li impugna - il nucleo di una foresta africana antica, viva, senziente, misteriosa e, per lo più, inaccessibile al genere umano: il Vorrh.
Ai margini di quest'ultimo, si profila una città - denominata Essenwald - edificata e controllata dai coloni britannici, con l'obiettivo di consentire e facilitare il disboscamento di una parte di esso.
In questo territorio, conteso tra i nativi che ribadiscono la sacralità della regione e i coloni alla ricerca di qualsiasi mezzo utile per aumentare la produzione di legname, confluiscono personaggi imprevedibili, inverosimili e ambigui: un ciclope allevato da macchine di bachelite (i Klin), un fotografo* vuoto e malato, un antico guerriero oppostosi al colonialismo, una donna cieca che riacquista miracolosamente la vista, l'Adamo biblico che avrebbe trovato rifugio al centro della foresta e i Limboia, coloro che hanno perso consapevolezza di sé per essere stati troppo tempo a contatto con il Vorrh. 

*"Edward Muggeridge era un uomo vuoto. Era nato così. Una macchina fotografica senza diaframma. Chiuso in se stesso nella speranza che nessuno intuisse la massa buia che si agitava dentro di lui. Faceva di tutto per trasmettere un ritratto preciso di sé, cambiando la propria lastra se era convinto di aggiungere dignità e solennità alla sua persona."

Ciascuno di essi è attratto dal fitto groviglio di piante che si estende oltre i confini della città e, proprio da ciò, si evince quale sia la vera protagonista del racconto: un'essenza sconosciuta, che risiede nel fitto bosco ed è in grado di penetrare nelle menti degli esseri umani, confondendo e alterando lo spazio e il tempo e rendendo così impossibile la sua conquista. L'unico punto di contatto tra tale essenza e l'uomo, sembrano essere i Limboia: all'apparenza confusi, ottusi e privi di volontà, si risvegliano e riacquistano interesse alla vista di feti abortiti o nati morti.
Inaspettatamente, attraverso il tocco di questi esseri, verrà alla luce l'Orm:

"L'Orm viveva e operava tra i Limboia. Si trovava a suo agio nella loro vacuità, si nascondeva nella loro assenza al punto che nessuno sapeva cosa fosse: quando era necessario il suo intervento, veniva inviato un messaggio a tutti loro. [...] Dicevano che il suo cervello fosse nero e duro come granito, a differenza della poltiglia che si agitava nel cranio grande come una noce degli altri Limboia".

Vorrh si dimostra essere, così, un romanzo polifonico capace di inglobare elementi surreali, che invitano il lettore ad abbandonare la comune esperienza sensoriale e ad adottarne una nuova, più profonda e più sensibile ad altri aspetti del reale: "La vista la faceva sentire sola, e prima non lo era mai stata". 





 

Gideon La Nona

“«Basta» sbottò la Reverenda Figlia, con la voce affilata come un rasoio. «Preghiamo.» Il silenzio scese sull’assemblea, come i lenti fiocch...