domenica 6 dicembre 2020

Il grande libro dei gialli di Natale

“«L’autentico spirito del Natale» affermò sir Adrian Tremayne, gingillandosi con lo stelo dell’unico bicchierino di porto che gli era concesso «non va ricercato nella golosità e nell’ostentazione che incoraggiava quel ciarlatano e sentimentalista di Charles Dickens.» Guardò con disprezzo gli avanzi della cena che ancora ingombravano la lunga tavolata. «Non certo nel tacchino e nel plum pudding, e tantomeno in mortaretti e regali costosi. No… mille volte no!» Aveva una voce vibrante e, anche se in quel momento era abbassata a un sussurro, capace di catturare l’uditorio così come aveva catturato gli uditori di tutta la nazione. «Lo spirito autentico del Natale sta naturalmente nella riconciliazione.»”

Un infausto Santo Stefano – Robert Barnard, Il grande libro dei gialli di Natale a cura di Otto Penzler

 

Edito Mondadori, OscarVault Draghi

Costo 25€

 

Il grande libro dei gialli di Natale è una raccolta di racconti curata da nientemeno che Otto Penzler, un’importante figura statunitense per ciò che concerne l’editoria della mystery fiction (romanzi/racconti gialli); è, infatti, il proprietario della Mysterious Bookshop, una libreria e casa editrice indipendente sita a New York, che si occupa della pubblicazione in edizioni limitate di importanti opere del genere giallo (tra queste spiccano quelle che vedono come protagonista Sherlock Holmes, Jack Reacher di Lee Child ecc).

Il volume in questione raccoglie racconti creati sia da personaggi di spicco, come Agatha Christie, Thomas Hardy, Arthur Conan Doyle, Isaac Asimov e Robert Louis Stevenson, ma anche ideati da personaggi meno noti – per questo sono importanti le piccole note introduttive che presentano l’autore, i suoi principali scritti e qualche curiosità - che ciononostante risultano in grado di coinvolgere attentamente il lettore e di prepararlo a qualsiasi eventualità ed atmosfera natalizia. Le opere che compongono la raccolta sono in totale sessanta e vengono raggruppate, in base ai temi trattati, in: Un piccolo Natale tradizionale, Un piccolo Natale buffo, Un piccolo Natale sherlockiano, Un piccolo Natale pulp, Un piccolo Natale occulto, Un piccolo Natale spaventoso, Un piccolo Natale moderno, Un piccolo Natale sconcertante e, ultimo ma non per importanza, Un piccolo Natale classico. Come si può evincere dai titoli, il Natale viene narrato e presentato in molteplici modi: ogni inclinazione o gusto può venire così soddisfatto. È forse questo il più grande pregio del volume: la sua versatilità; così, può venire apprezzato sia dagli inguaribili romantici, che aspettano con gioia – rigorosamente dagli inizi di giugno - le letture davanti al focolare, sia dai meno entusiasti che ai regali sotto l’albero preferiscono i cadaveri sotto il vischio (si scherza).

Personalmente, ho goduto appieno le 813 pagine di cui quest’opera è composta e ogni racconto è stato in grado di risvegliare in me quel bisogno di Natale – e quindi di riconciliazione, non solo con l’altro ma anche con noi stessi - che spesso gli eventi esterni ci fanno dimenticare. Naturalmente, ci sono stati degli episodi che ho più amato rispetto ad altri, ma nel complesso ritengo di poter definire eccellente tutta la raccolta.

Nello specifico - in Un piccolo Natale tradizionale – ho apprezzato sia le atmosfere create da Agatha Christie ne Il caso del dolce Natale, che quelle create da Catherine Aird in Oro, Incenso e Morte: sono rimasta estasiata dalla perfetta commistione di suspence e importanti riflessioni circa i profughi, i pregiudizi che quest’ultimi devono affrontare anche nei giorni di festa e la malinconia che può scaturire dal ricordo di festività passate. In aggiunta, sono rimasta colpita dall’enorme collezione di bambole in possesso della simpaticissima protagonista di L’avventura della bambola del Delfino, a dimostrazione di quanto sia importante avere qualcosa che simboleggi l’amore dei nostri genitori e di quanto questa pratica abbia radici antichissime:

Le bambole della signorina Ypson avevano una loro poesia. […] Eccola avventurarsi nella terra dei faraoni per due pezzi di tavoletta di legno essiccato, intagliati e dipinti e dotati di capelli fatti di perline infilate, e senza gambe (in modo che non scappassero) […]”

Al contrario in Più carne che sangue veniamo trascinati in una storia cupa e quasi agghiacciante, dove alla narrazione ammaliante si accosta la consapevolezza che non tutti i nuclei familiari sono in grado di concedere una tregua. Eppure, ritorna il sorriso non appena, o quasi, affrontiamo la lettura di Il gatto Trinity: chi avrebbe mai immaginato che il legame uomo-gatto potesse risultare decisivo per la risoluzione delle indagini?

Successivamente, in Un piccolo Natale buffo, ritroviamo racconti leggeri e simpatici; oltre alla meravigliosa penna di Thomas Hardy, che ci accompagna all’interno di I ladri che non smettevano di starnutire, dove un quattordicenne si mostra estremamente saggio, ritroviamo anche quella di Donald E. Westlake che, in Lo scassinatore e il Come-si-chiama, ci introduce nell’abitazione di un inventore smemorato e in un’avventura ai limiti dell’assurdo.

Ecco che ha inizio Un piccolo Natale sherlockiano, composto da sei racconti che hanno come protagonista il famoso detective Sherlock Holmes e tutti narrati dal punto di vista del suo aiutante Watson. Non avrei mai pensato di trovarmi davanti a Il segreto nel sacchetto del pudding e Il caso natalizio di Herlock Sholmes, perciò la loro scoperta, insieme a quella di colui che ha avuto il piacere di comporli (Peter Todd), ha riempito la mia esistenza di gioia. Se lo Sherlock Holmes o l’Herlock Sholmes di Peter Todd è gioviale e affabile, quello creato dalla penna di Gillian Linscott è decisamente più riflessivo e intimidatorio; eppure, anche nel secondo caso Sherlock non smette di stupirci con le sue riflessioni circa pregiudizi e credenze comuni:

«Signorina Jessica, il dottor Watson è senz’altro animato dalle migliori intenzioni, ma spero mi consentirà di spiegarmi da solo. Pensare che la vecchiaia conduca di per sé alla saggezza è un errore, ma se c’è una cosa di cui ci dota infallibilmente è l’esperienza. Mi permetti di darti un piccolo consiglio dettato, se non dalla saggezza, quanto meno dall’esperienza?»

Assentii, non per educazione, ora, ma per un senso di soggezione.

«Ebbene, il mio consiglio è il seguente: ricordati sempre che quando una cosa la sanno tutti, in realtà non la sa nessuno.»”

In aggiunta, rimarremo affascinati anche da Il cliente di Natale ad opera di Edward D. Hoch: un personaggio famoso avrà bisogno dell’aiuto di Holmes e Watson, questo l’indovinello che i due dovranno risolvere:

Di Benjamin Caunt quando sarà il giorno,

per cancellare dell’onta tua lo scorno,

ai piedi della faccia sua eminente,

presentarti dovrai con il contante.

Sull’orologio del Cappellaio Matto,

all’una sarai lì con il riscatto.

La Vecchia Signora è già spacciata,

per sempre sottoterra se n’è andata.”

Chi potrà mai essere?

L’atmosfera, però, si fan pian piano più cupa e spaventosa con Un piccolo Natale pulp, Un piccolo Natale occulto (che ho amato follemente perché mi ha ricordato le avventure proposte da Scooby-Doo!) e Un piccolo Natale spaventoso. Francamente non so quale racconto mi abbia maggiormente raggelata tra I cantori di Natale di Josephine Bell (interessantissima, tra l’altro, l’origine del suo pseudonimo), Il museo delle cere di Ethel Lina White (siamo davvero così ottusi noi esseri umani?), La mezzaluna stregata di Peter Lovesey e Il 74° racconto di Jonathan Santlofer.

Ho, al contrario, trovato estremamente piacevole Un Natale al campo di Edmund Cox: un’esperienza indiana paranormale, o quasi.

In Il tredicesimo giorno di Natale di Isaac Asimov, ci viene mostrato come il Natale possa verificarsi indipendentemente dalla data e, soprattutto, in virtù di chi ci circonda: è un racconto breve ma estremamente toccante. In Markheim di Robert Louis Stevenson, ci troviamo davanti ad un racconto per certi aspetti simile a Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde, eppure non si smette mai di provare stupore davanti alle citazioni di Stevenson, ai discorsi sublimi tra i vari personaggi e al terrore insito in ogni parola.

«Uno specchietto» disse con la voce roca, poi fece una pausa e ripeté più chiaramente. «Uno specchietto? Per Natale? Ma certo che no!» «E perché no?» esclamò l’antiquario. «Perché non uno specchietto?» Markheim lo stava guardando con un’espressione indefinibile. «Mi chiede perché no?» disse. «Perché, guardi qui - guardi nello specchio - guardi se stesso! Le piace osservarsi? No. Ed è lo stesso per chiunque.»

[…] «Le chiedo un regalo di Natale» disse Markheim «e lei mi dà questo… questo maledetto promemoria di anni, peccati e follie… questa coscienza portatile? […]»”

Effettivamente, chi regalerebbe una coscienza portatile per Natale? Ma, soprattutto, chi altri saprebbe descrivere in modo così sublime l’oscurità insita nell’animo umano?

I racconti, come ho già scritto, sono parecchi e, in conclusione, se all’apparenza sembra esclusivamente una raccolta di racconti gialli, in realtà racchiude ben altro, come dimostrato da questi estratti. Mi auguro vi piacciano. Buona lettura.

Ringrazio infinitamente OscarVault per averci concesso la lettura del volume, @attimidiprosablog per aver organizzato tutto e i miei compagni d'avventura @metanfetalibri e @laragazzacalabrese.

(foto mia)



2 commenti:

  1. Molto bella e interessante la recensione :) Alcuni racconti mi sono piaciuti moltissimo

    RispondiElimina
  2. Ritrovare nelle tue recensioni estratti delle opere che leggiamo insieme è sempre piacevole e mi fa rivivere la lettura conclusa. Questo è un volumone imponente che contiene piccoli racconti piacevoli e sorprendenti. Hai scritto davvero una bella recensione!

    RispondiElimina

Gideon La Nona

“«Basta» sbottò la Reverenda Figlia, con la voce affilata come un rasoio. «Preghiamo.» Il silenzio scese sull’assemblea, come i lenti fiocch...