“«L’autentico
spirito del Natale» affermò sir Adrian Tremayne, gingillandosi con lo stelo
dell’unico bicchierino di porto che gli era concesso «non va ricercato nella
golosità e nell’ostentazione che incoraggiava quel ciarlatano e sentimentalista
di Charles Dickens.» Guardò con disprezzo gli avanzi della cena che ancora
ingombravano la lunga tavolata. «Non certo nel tacchino e nel plum pudding,
e tantomeno in mortaretti e regali costosi. No… mille volte no!» Aveva una voce
vibrante e, anche se in quel momento era abbassata a un sussurro, capace di
catturare l’uditorio così come aveva catturato gli uditori di tutta la nazione.
«Lo spirito autentico del Natale sta naturalmente nella riconciliazione.»”
Un
infausto Santo Stefano – Robert Barnard, Il grande libro dei
gialli di Natale a cura di Otto Penzler
Edito
Mondadori, OscarVault Draghi
Costo 25€
Il grande
libro dei gialli di Natale è una raccolta di racconti curata da nientemeno
che Otto Penzler, un’importante figura statunitense per ciò che concerne l’editoria
della mystery fiction (romanzi/racconti gialli); è, infatti, il
proprietario della Mysterious Bookshop, una libreria e casa editrice
indipendente sita a New York, che si occupa della pubblicazione in edizioni
limitate di importanti opere del genere giallo (tra queste spiccano quelle che
vedono come protagonista Sherlock Holmes, Jack Reacher di Lee Child ecc).
Il volume in
questione raccoglie racconti creati sia da personaggi di spicco, come Agatha
Christie, Thomas Hardy, Arthur Conan Doyle, Isaac Asimov e Robert Louis
Stevenson, ma anche ideati da personaggi meno noti – per questo sono importanti
le piccole note introduttive che presentano l’autore, i suoi principali scritti
e qualche curiosità - che ciononostante risultano in grado di coinvolgere
attentamente il lettore e di prepararlo a qualsiasi eventualità ed atmosfera
natalizia. Le opere che compongono la raccolta sono in totale sessanta e vengono
raggruppate, in base ai temi trattati, in: Un piccolo Natale tradizionale,
Un piccolo Natale buffo, Un piccolo Natale sherlockiano, Un
piccolo Natale pulp, Un piccolo Natale occulto, Un piccolo Natale
spaventoso, Un piccolo Natale moderno, Un piccolo Natale
sconcertante e, ultimo ma non per importanza, Un piccolo Natale classico.
Come si può evincere dai titoli, il Natale viene narrato e presentato in
molteplici modi: ogni inclinazione o gusto può venire così soddisfatto. È forse
questo il più grande pregio del volume: la sua versatilità; così, può venire
apprezzato sia dagli inguaribili romantici, che aspettano con gioia –
rigorosamente dagli inizi di giugno - le letture davanti al focolare, sia dai meno
entusiasti che ai regali sotto l’albero preferiscono i cadaveri sotto il
vischio (si scherza).
Personalmente,
ho goduto appieno le 813 pagine di cui quest’opera è composta e ogni racconto è
stato in grado di risvegliare in me quel bisogno di Natale – e quindi di
riconciliazione, non solo con l’altro ma anche con noi stessi - che spesso gli
eventi esterni ci fanno dimenticare. Naturalmente, ci sono stati degli episodi
che ho più amato rispetto ad altri, ma nel complesso ritengo di poter definire
eccellente tutta la raccolta.
Nello
specifico - in Un piccolo Natale tradizionale – ho apprezzato sia le
atmosfere create da Agatha Christie ne Il caso del dolce Natale, che
quelle create da Catherine Aird in Oro, Incenso e Morte: sono rimasta
estasiata dalla perfetta commistione di suspence e importanti riflessioni circa
i profughi, i pregiudizi che quest’ultimi devono affrontare anche nei giorni di
festa e la malinconia che può scaturire dal ricordo di festività passate. In
aggiunta, sono rimasta colpita dall’enorme collezione di bambole in possesso della
simpaticissima protagonista di L’avventura della bambola del Delfino, a
dimostrazione di quanto sia importante avere qualcosa che simboleggi l’amore
dei nostri genitori e di quanto questa pratica abbia radici antichissime:
“Le
bambole della signorina Ypson avevano una loro poesia. […] Eccola avventurarsi
nella terra dei faraoni per due pezzi di tavoletta di legno essiccato,
intagliati e dipinti e dotati di capelli fatti di perline infilate, e senza
gambe (in modo che non scappassero) […]”
Al contrario
in Più carne che sangue veniamo trascinati in una storia cupa e quasi
agghiacciante, dove alla narrazione ammaliante si accosta la consapevolezza che
non tutti i nuclei familiari sono in grado di concedere una tregua.
Eppure, ritorna il sorriso non appena, o quasi, affrontiamo la lettura di Il
gatto Trinity: chi avrebbe mai immaginato che il legame uomo-gatto potesse
risultare decisivo per la risoluzione delle indagini?
Successivamente,
in Un piccolo Natale buffo, ritroviamo racconti leggeri e simpatici;
oltre alla meravigliosa penna di Thomas Hardy, che ci accompagna all’interno di
I ladri che non smettevano di starnutire, dove un quattordicenne si
mostra estremamente saggio, ritroviamo anche quella di Donald E. Westlake che,
in Lo scassinatore e il Come-si-chiama, ci introduce nell’abitazione di
un inventore smemorato e in un’avventura ai limiti dell’assurdo.
Ecco che ha inizio
Un piccolo Natale sherlockiano, composto da sei racconti che hanno come
protagonista il famoso detective Sherlock Holmes e tutti narrati dal punto di
vista del suo aiutante Watson. Non avrei mai pensato di trovarmi davanti a Il
segreto nel sacchetto del pudding e Il caso natalizio di Herlock Sholmes,
perciò la loro scoperta, insieme a quella di colui che ha avuto il piacere di
comporli (Peter Todd), ha riempito la mia esistenza di gioia. Se lo Sherlock
Holmes o l’Herlock Sholmes di Peter Todd è gioviale e affabile, quello creato
dalla penna di Gillian Linscott è decisamente più riflessivo e intimidatorio;
eppure, anche nel secondo caso Sherlock non smette di stupirci con le sue
riflessioni circa pregiudizi e credenze comuni:
“«Signorina
Jessica, il dottor Watson è senz’altro animato dalle migliori intenzioni, ma
spero mi consentirà di spiegarmi da solo. Pensare che la vecchiaia conduca di
per sé alla saggezza è un errore, ma se c’è una cosa di cui ci dota
infallibilmente è l’esperienza. Mi permetti di darti un piccolo consiglio
dettato, se non dalla saggezza, quanto meno dall’esperienza?»
Assentii,
non per educazione, ora, ma per un senso di soggezione.
«Ebbene,
il mio consiglio è il seguente: ricordati sempre che quando una cosa la sanno
tutti, in realtà non la sa nessuno.»”
In aggiunta,
rimarremo affascinati anche da Il cliente di Natale ad opera di Edward
D. Hoch: un personaggio famoso avrà bisogno dell’aiuto di Holmes e Watson,
questo l’indovinello che i due dovranno risolvere:
“Di
Benjamin Caunt quando sarà il giorno,
per
cancellare dell’onta tua lo scorno,
ai piedi
della faccia sua eminente,
presentarti
dovrai con il contante.
Sull’orologio
del Cappellaio Matto,
all’una
sarai lì con il riscatto.
La
Vecchia Signora è già spacciata,
per
sempre sottoterra se n’è andata.”
Chi potrà
mai essere?
L’atmosfera,
però, si fan pian piano più cupa e spaventosa con Un piccolo Natale pulp,
Un piccolo Natale occulto (che ho amato follemente perché mi ha
ricordato le avventure proposte da Scooby-Doo!) e Un piccolo Natale
spaventoso. Francamente non so quale racconto mi abbia maggiormente raggelata
tra I cantori di Natale di Josephine Bell (interessantissima, tra
l’altro, l’origine del suo pseudonimo), Il museo delle cere di Ethel
Lina White (siamo davvero così ottusi noi esseri umani?), La mezzaluna
stregata di Peter Lovesey e Il 74° racconto di Jonathan Santlofer.
Ho, al
contrario, trovato estremamente piacevole Un Natale al campo di Edmund
Cox: un’esperienza indiana paranormale, o quasi.
In Il
tredicesimo giorno di Natale di Isaac Asimov, ci viene mostrato come il
Natale possa verificarsi indipendentemente dalla data e, soprattutto, in virtù
di chi ci circonda: è un racconto breve ma estremamente toccante. In Markheim
di Robert Louis Stevenson, ci troviamo davanti ad un racconto per certi aspetti
simile a Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde, eppure non
si smette mai di provare stupore davanti alle citazioni di Stevenson, ai
discorsi sublimi tra i vari personaggi e al terrore insito in ogni parola.
“«Uno
specchietto» disse con la voce roca, poi fece una pausa e ripeté più
chiaramente. «Uno specchietto? Per Natale? Ma certo che no!» «E perché no?»
esclamò l’antiquario. «Perché non uno specchietto?» Markheim lo stava guardando
con un’espressione indefinibile. «Mi chiede perché no?» disse. «Perché, guardi
qui - guardi nello specchio - guardi se stesso! Le piace osservarsi? No. Ed è
lo stesso per chiunque.»
[…] «Le chiedo
un regalo di Natale» disse Markheim «e lei mi dà questo… questo maledetto
promemoria di anni, peccati e follie… questa coscienza portatile? […]»”
Effettivamente,
chi regalerebbe una coscienza portatile per Natale? Ma, soprattutto, chi altri
saprebbe descrivere in modo così sublime l’oscurità insita nell’animo umano?
I
racconti, come ho già scritto, sono parecchi e, in conclusione, se
all’apparenza sembra esclusivamente una raccolta di racconti gialli, in realtà
racchiude ben altro, come dimostrato da questi estratti. Mi auguro vi
piacciano. Buona lettura.
Ringrazio
infinitamente OscarVault per averci concesso la lettura del volume, @attimidiprosablog
per aver organizzato tutto e i miei compagni d'avventura @metanfetalibri e
@laragazzacalabrese.
Molto bella e interessante la recensione :) Alcuni racconti mi sono piaciuti moltissimo
RispondiEliminaRitrovare nelle tue recensioni estratti delle opere che leggiamo insieme è sempre piacevole e mi fa rivivere la lettura conclusa. Questo è un volumone imponente che contiene piccoli racconti piacevoli e sorprendenti. Hai scritto davvero una bella recensione!
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