domenica 17 gennaio 2021

Il conte di Montecristo

 “«Ascoltate», attaccò il conte, e il viso gli si iniettò di fiele come il viso di un altro si tinge di sangue. «Se un uomo, attraverso torture inaudite, fra tormenti senza fine, avesse fatto morire vostro padre, vostra madre, la vostra amante, uno degli esseri insomma che quando vi vengono sradicati dal cuore vi lasciano un vuoto un vuoto eterno e una ferita sempre sanguinante, riterreste sufficiente la riparazione che vi offre la società per il fatto che il ferro della ghigliottina è passato tra la base dell’occipitale e i muscoli trapezi dell’assassino, e per il fatto che l’uomo che vi ha condannato ad anni di sofferenze morali ha patito pochi secondi di dolore fisico?»

«Sì, lo so – rispose Franz – la giustizia umana è insufficiente come consolatrice; può versare sangue in cambio di sangue, solo questo. Bisogna chiederle quanto è in suo potere, e non altro». «Senza contare che vi sto portando un esempio materiale – proseguì il conte – quello in cui la società, minata nelle fondamenta dalla morte di un individuo, vendica la morte mediante la morte; ma non esistono forse milioni di dolori che possono straziare le viscere dell’uomo senza che la società se ne curi per nulla al mondo, senza che offra quell’insufficiente strumento di vendetta di cui parlavamo poc’anzi? […]» «Sì – ribatté Franz – ed è per punire questi che viene tollerato il duello». […] «Intendiamoci: mi batterei a duello per una quisquilia […]. Ma per un dolore lento, profondo, infinito, eterno, restituirei se fosse possibile un dolore pari a quello che mi fosse stato inflitto: occhio per occhio, dente per denti, come dicono gli orientali […]». «Ma con questa teoria che vi fa giudice e boia della vostra propria causa – dichiarò Franz al conte – è arduo tenervi entro i limiti dove voi stesso sfuggireste perennemente alla potenza della legge. L’odio è cieco, la collera sventata, e colui che si mesce la vendetta rischia di bere una bevanda amara»

Il conte di Montecristo, Alexandre Dumas

 

Edito Feltrinelli

Costo 15€

 

Erano mesi che nutrivo il desiderio di iniziare quest’opera, così - verso la seconda metà di dicembre - ho deciso di farmi cullare e accompagnare dalla scrittura di Alexandre Dumas; ora, dopo averlo concluso (già da 17 giorni), posso dire di aver sempre avuto nel cuore un posticino riservato ad un’opera così avvincente, elaborata e, nel complesso, saggia. Probabilmente, ciò che più lascia esterrefatti è il realizzare quanto intricato -e perfetto- sia l’intreccio narrativo, ma non solo. Così, alla trama estremamente tortuosa, si affiancano le descrizioni di atmosfere e paesaggi cupi (si pensi al castello d’If) e incantati (si pensi al mare che circonda l’isola di Montecristo e ai continui richiami a Le mille e una notte), i ritratti straordinariamente realistici dei personaggi e le discussioni capaci di ispirare ragionamenti esistenziali.  

Il conte di Montecristo offre così tanti spunti di riflessione da non sapere esattamente definirli tutti; a quale tema affrontato assegnare, dunque, il primo posto? Non alla vendetta, che sebbene venga visto come il filo conduttore delle vicende narrate, rappresenta solamente la punta dell’iceberg: nelle profondità dell’animo umano si sfiorano molte altre sensazioni ed emozioni. Cosa spinge un uomo a dedicare così tante energie alla rivalsa? Cosa porta alla vendetta? Ciò che davvero spinge il lettore, e lo stesso Dantès, in un viaggio di 1066 pagine, tra Francia, Italia e molte altri Stati, non è forse l’amore per la dignità umana o per il ricordo di una vita degna di essere vissuta e – per questo – protetta con le unghie e con i denti? Il conte di Montecristo è immenso: dallo sconforto si passa alla speranza, dai pensieri suicidi al bisogno di ritrovare il proprio posto nel mondo. Edmond Dantès attraversa molte fasi dolorose e va incontro a grandissime privazioni, eppure si ritrova appagato dalla semplice presenza dell’abate Burioni. Quanto ci salva il contatto umano? La conoscenza di persone con cui parlare, con cui arricchire la propria esistenza? In momenti difficili, quanto è grande o sconfinato il bisogno di una figura paterna o materna al nostro fianco? Quanto è straziante venire a conoscenza del male che è stato fatto ai propri affetti in nostra assenza? Ma Il conte di Montecristo è anche perdersi tra i banditi romani, tra droghe orientali e tra mille feste e rappresentazioni teatrali. Perciò, se avete bisogno di una lettura scorrevole ed elaborata con maestria: eccolo.

(Foto mia)


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