“Vorrei avere una corazza, un’armatura del migliore ferro, capace di tenermi distante dalle cose, vorrei non disperarmi per la disperazione degli altri, non sentire la madre di Giorgio come mia madre, la vita degli altri saldata alla mia come un patto di sangue. Perché il dolore costa fatica, ho vent’anni ma ho sofferto per mille, rimanendo sempre uguale a me stesso: un bambino, come Giorgio, di fronte a un dolore che non puoi conoscere né addomesticare. Ma i bambini non sono fatti per il dolore, nascono dalla gioia, per vivere in dolcezza gli amori che verranno.”
Tutto chiede salvezza, Daniele
Mencarelli
Edito Mondadori
Costo 13€
Ho desiderato immergermi in Tutto
chiede salvezza per molto tempo, ma per vari motivi ho sempre rimandato la
lettura, fino a quando – una settimana fa – non ho deciso di farmi trascinare
in questo racconto così potente e commovente. Sono una persona che generalmente
predilige i racconti lunghi, che con la loro mole esplorano lentamente e
approfonditamente l’animo umano, ma in questo caso mi sento di rivedere
completamente le mie preferenze: Tutto chiede salvezza in sole 189
pagine arriva dritto al cuore, è come un pugno allo stomaco fatto di dolore,
sofferenza, bisogno di comprensione, bisogno di salvezza e, allo stesso tempo,
dolcezza. Mi sono commossa all’inverosimile davanti alla vulnerabilità di
Daniele, Gianluca, Giorgio, Mario, Madonnina e Alessandro: i personaggi che
animano queste pagine e che, per diverse ragioni, si ritrovano insieme nel
reparto di psichiatria (ad esempio Daniele, la voce narrante, si trova ad
affrontare il suo primo TSO – trattamento sanitario obbligatorio); ma sono
rimasta ancor più toccata e intenerita dal loro bisogno di presenza, di
compagnia e di vicinanza sia fisica che mentale. Attraverso le loro esperienze capiamo
cosa voglia dire perdersi in luoghi oscuri, fatti di emozioni tiranniche,
difficilmente gestibili e spesso in grado di sballottare, accartocciare e frantumare
l’io come se fosse fatto di carta velina.
La malattia mentale, in tutte le
sue sfumature, è sempre un qualcosa di totalizzante che ti lascia in balia sia
di tempeste e naufragi che di difficili camminate attraverso sabbie mobili o paludi
mortifere; eppure, probabilmente, le cose peggiori che si possono provare sono
l’estremo senso di solitudine e la costante consapevolezza di essere diversi,
difettosi o rotti. Questo piccolo romanzo esplora questa immensa solitudine,
questo ritrovarsi davanti a figure professionali che riducono l’uomo alla sua
malattia e che spesso, al posto di accompagnarlo e proteggerlo, lo privano
ulteriormente di quel poco di dignità rimasta; ma, al contempo, esplora anche l’instaurarsi
di amicizia e fratellanza tra coloro che si sentono diversi e persi. Insomma, sono
pagine estremamente toccanti e che mi sento di consigliare dal profondo del
cuore. Vi auguro una buona lettura.
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